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Vendite quotidiani in edicola: su base annua prosegue a febbraio la flessione

07 Aprile 2022

I dati di febbraio sulle vendite di quotidiani in edicola non fanno che confermare il trend ribassista che perdura da tempo, anche se non mancano alcune eccezioni. Nel raffronto su base annua dei dati forniti da ADS (Accertamenti Diffusione Stampa) sulle vendite in edicola, tutte le testate nazionali - con eccezione de La Verità di Maurizio Belpietro e della Gazzetta dello Sport - appaiono in calo rispetto a febbraio 2021.Su base mensile, invece, si registrano alcuni incoraggianti segnali di ripresa, circoscritti però a una manciata di testate.

Tra queste ultime si distingue il Corriere della Sera. Il quotidiano più letto d’Italia archivia il mese di febbraio con vendite in edicola pari a 152.593 copie, in aumento dello 0,9% rispetto a gennaio, complice forse anche il bisogno di informazione innescato dal conflitto in Ucraina (ricordiamo che l’invasione della Russia è iniziata il 24 febbraio), ma in calo del 5,88% rispetto ad un anno prima.

Continua invece la discesa verso nuovi minimi di Repubblica che a febbraio vende in edicola 94.000 copie, quasi il 20% in meno rispetto a un anno prima e con una flessione del 3,3% rispetto al mese precedente. Va leggermente meglio all’altro quotidiano di punta del gruppo GEDI: La Stampa vende in edicola 71.513 copie, il 4,3% in meno rispetto a febbraio 2021 e il 2% in meno rispetto al mese precedente. Ancora migliore la tenuta de Il Secolo XIX, con vendite in edicola per 22.176 copie a febbraio, un dato non molto distante dalle 22.400 di gennaio. Rispetto a un anno prima, però, la flessione arriva addirittura al 18,6%.

Scendono poco sotto le 50.000 le vendite de Il Messaggero, con un calo del 2,4% rispetto al mese precedente e del 6,14% rispetto a un anno prima. Stesso copione passando alle testate del gruppo QN, dove si registrano lievi flessioni rispetto al mese precedente per Il Giorno (-2,3%) con 19.272 copie, La Nazione (-1,6%) con 42.430 copie, Il Resto del Carlino (-0,5%) con 63.463 copie. Per tutte e tre le testate, però, si confermano flessioni di circa l’11% rispetto al febbraio 2021. Tra le testate con la migliore tenuta si segnala Avvenire che con 5.416 copie a febbraio, poco più di quelle vendute a gennaio (5.326) e all’incirca le stesse di febbraio 2021 (5.421).

Per quanto riguarda le testate più schierate politicamente, appare ancora in crescita La Verità con vendite in edicola per 29.878 copie a febbraio, poco più delle 29.569 copie di gennaio, che si conferma l'unica testata in netta controtendenza grazie a un aumento addirittura del 17,5% rispetto ad un anno prima.Un aumento che è andato a scapito de Il Giornale, che rispetto a febbraio 2021 vede scendere del 19% le copie vendute, pari a 31.357 (in lieve aumento, però, rispetto al mese precedente) e di Libero, che rispetto a un anno prima perde il 14% di copie, scese a 19.321 (stabili rispetto al mese precedente). Buona performance per Il Manifesto, che a febbraio vende in edicola 7.103 copie, contro le 6.673 di gennaio e le 7.549 di febbraio 2021.

Flessioni marcate per Italia Oggi, le 3.431 copie vendute in edicola a febbraio sono meno della metà delle 7.716 copie di febbraio 2021 e il 42% in meno rispetto al mese precedente. Resiste Il Sole 24 Ore con 25.698 copie a febbraio, contro le 26.202 di gennaio e le 34.316 di febbraio 2021.

Si salvano i giornali sportivi. Con 83.094 copie la Gazzetta dello Sport vede un miglioramento delle copie vendute sia rispetto a gennaio ( 4%) sia rispetto a febbraio 2021 ( 9%). Nessuno scossone nemmeno per Il Corriere dello Sport, che si conferma poco sopra le 37.000 copie vendute in edicola, all’incirca sugli stessi livelli del mese precedente e di un anno fa. Stazionarie, per finire, le vendite di Tuttosport rispetto a gennaio, ma nel raffronto su febbraio 2021 le vendite appaiono inferiori del 13,39%.

Considerando i dati sulla diffusione totale, ossia includendo anche le copie digitali oltre a quelle individuali vendute in edicola, la situazione non cambia molto: nel raffronto con febbraio 2021 prevalgono nettamente le contrazioni e spicca su tutti il -14,7% de La Repubblica. Tra i pochi segni positivi, si segnalano invece Corriere della Sera ( 3,8%), Gazzetta dello Sport ( 7,3%) e soprattutto La Verità ( 32%). Più confortante il raffronto con i dati di gennaio 2022: tra le prime 20 testate per diffusione, dieci sono quelle che mostrano un miglioramento e altrettante (tra cui La repubblica) quelle che invece mostrano un peggioramento.

Domani in edicola il nuovo quotidiano economico lanciato da Belpietro

04 Aprile 2022

Debutta il 5 aprile Verità&Affari,  il nuovo quotidiano economico-finanziario nato su iniziativa di Maurizio Belpietro, fondatore ed editore de La Verità, l’unico quotidiano che negli ultimi anni sta riscuotendo un incremento di vendite in edicola, più che raddoppiate negli ultimi cinque anni.

Con una tiratura media di 60.000 copie (80.000 al lancio) e un costo di copertina di 1,50 euro, Verità&Affari “è la dimostrazione che la carta stampata non è morta” come ha dichiarato Belpietro in un video su Facebook annunciando l’arrivo del nuovo quotidiano creato, ha sottolineato, “per raccontare il dietro le quinte dell’economia, la verità negli affari, tutti i segreti della finanza andando oltre le versioni ufficiali che vengono fornite dagli uffici stampa. Lo abbiamo fatto per 5 anni con la politica e ora lo facciamo con l’economia”.

A rendere interessante Verità&Affari sarà lo spazio dedicato a “inchieste esclusive, retroscena e segreti di palazzi e santuari di ogni potere e lobby. Ma anche il racconto e il megafono di chi fino a oggi non ha avuto voce in capitolo, come le migliaia di imprese piccole e medie o di partite Iva che hanno fatto la storia del pil in Italia, trovando grandi idee e spesso diventando campioni e campioncini del made in Italy esportato fuori dai confini nazionali”, si legge nella presentazione del progetto.

Un progetto editoriale che promette di raccontare “il riassetto del potere economico in Italia e nel mondo e i suoi legami con i poteri politico e giudiziario senza pregiudizi e condizionamenti” ma che intende dare “particolare attenzione anche a tutti gli aspetti della nuova finanza, spiegando con linguaggio semplice e offrendo un notiziario esauriente su criptovalute, certificati CO2 ed Etf, oltre che su tutti gli investimenti tradizionali, dalle azioni ai bond ai fondi comuni”.

A dirigere il quotidiano è stato chiamato Franco Bechis, già direttore de Il Tempo, da cui si era dimesso qualche tempo fa per dedicarsi proprio all’ideazione del nuovo quotidiano finanziario, che avrà una foliazione di 24 pagine.
 

Finisce lo stato di emergenza nazionale. Ma la pandemia rimane

31 Marzo 2022

Da domani stop all’obbligo di esibire il green pass in tutti i negozi (incluse le edicole al chiuso) anche se resterà, fino al 30 aprile, l’obbligo della mascherina. È una delle tante novità che entreranno in vigore in coincidenza con la fine, dal primo aprile, dello stato di emergenza nazionale legato al Covid-19.

Sempre da domani, il green pass non sarà più necessario per recarsi presso parrucchieri, barbieri, saloni di bellezza e centri estetici. Niente più certificazione verde per soggiornare in hotel e strutture ricettive mentre per accedere a bar e ristoranti al chiuso sarà ancora indipensabile, fino al 30 aprile, presentare il green pass base.

Torna la capienza al 100% per impianti sportivi all'aperto e al chiuso e per le discoteche ma fino al 30 aprile servirà mascherina e certificato verde per l’ingresso. Fino al primo maggio, obbligo di green pass base per accedere ai luoghi di lavoro. Niente più green pass, invece, per salire su autobus e metropolitane: bisogna però indossare una mascherina FFP2. Dovrà invece munirsi di green pass base chi deve accedere ad aerei, treni e navi.

Questa la road map del Governo per il graduale ritorno alla normalità dopo oltre due anni di stato di emergenza. A decretarlo era stato il Consiglio dei Ministri guidato da Giuseppe Conte il 31 gennaio 2020: il giorno precedente l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva dichiarato il coronavirus “emergenza sanitaria globale” e, contemporaneamente, in Italia venivano diagnosticati i primi due casi di Covid: due turisti cinesi ricoverati in isolamento allo Spallanzani di Roma.

Da domani scompaiono anche i colori delle Regioni –bianca, gialla, arancione e rossa – e viene sciolto il Comitato Tecnico Scientifico, il pool di esperti e virologi che per oltre due anni ha guidato le scelte del Governo e del Ministero della Salute sulla gestione della pandemia.

Esce di scena anche il Generale Francesco Figliuolo, Commissario straordinario dell’emergenza Covid e artefice del successo della campagna vaccinale che ha permesso la ripartenza del Paese. Al suo posto subentra un'Unità di transizione guidata da un altro Generale, Tommaso Petroni, che resterà in carica fino al 31 dicembre 2022 per completare la campagna vaccinale (si parla di quarta dose per i soggetti fragili e gli over 50, una decisione unitaria dovrebbe arrivare nei prossimi giorni dall’Unione europea) e per altre eventuali misure necessarie per contrastare la pandemia.

La pandemia, infatti, è tutt’altro che terminata. Il nuovo monitoraggio della Fondazione Gimbe evidenzia che nell’ultima settimana di marzo (23-29 marzo) i nuovi contagi restano sostanzialmente stabili ma aumentano i ricoveri in terapia intensiva e, dopo sei settimane in flessione, tornano a salire anche i decessi da Covid.

L’invito è dunque quello di non abbassare la guardia anche perché, specie nelle prossime settimane e in previsione degli spostamenti per le festività di Pasqua, i contagi potrebbero tornare a salire per poi attenuarsi – dicono gli esperti – nei mesi più caldi, come accaduto negli scorsi anni.

FIEG: garantire la consegna dei giornali alle edicole

17 Marzo 2022

La Federazione italiana editori giornali esprime in una nota "grande preoccupazione per l’impossibilità di distribuire i giornali a seguito del blocco della circolazione dei mezzi di trasporto in alcune zone del Paese, in particolare nella zona di Olbia e nel Salernitano, collegato alla protesta degli autotrasportatori contro il caro carburante".

"La distribuzione della stampa - prosegue la FIEG - costituisce il presupposto per l’esercizio di due fondamentali diritti costituzionali: il diritto di informare e quello di essere informati. Impedire ai mezzi della distribuzione della stampa la consegna delle pubblicazioni, quotidiane e periodiche, alle edicole significa precludere ai cittadini l’accesso all’informazione".

Pertanto, "gli editori italiani, nel denunciare la gravità del blocco della consegna dei giornali, chiedono con forza alle Autorità di garantire sempre e dovunque la circolazione dei mezzi di distribuzione della stampa per assicurare l’accesso all’informazione dei cittadini".

Giornali a rischio: gli editori chiedono un intervento rapido

14 Marzo 2022

“Produrre informazione di qualità e diffonderla sta diventando sempre più difficile e senza interventi fortemente a rischio”: è quanto scrive la FIEG in una nota unendosi all'allarme per la continuità del settore editoriale già lanciato da Assocarta e Assografici.

“A partire dal secondo semestre dello scorso anno - precisa il Presidente della Federazione italiana degli editori, Andrea Riffeser Monti - il prezzo della carta su cui si stampano i giornali è cresciuto di oltre il 100% e ulteriori aumenti sono in corso".

Alcune cartiere hanno già dovuto interrompere la produzione piuttosto che continuare a operare in perdita mettendo a rischio la continuità dei rifornimenti, non solo all'industria dell'editoria ma anche ad altri comparti come quello del cartone ondulato e del packaging.

"Il boom del costo della principale materia prima per le pubblicazioni si unisce ai costi crescenti dell’energia e alle difficoltà che incontrano gli editori nel reperire la carta e le lastre in alluminio per la stampa. Gli editori - prosegue Riffeser - sono già stati costretti a ridurre la foliazione e le notizie e la riduzione dell’informazione locale rende privi di voce le comunità e i politici sul territorio, dai sindaci agli esponenti locali”.

Una situazione insostenibile che racchiude un grosso rischio, ossia, come dice ancora Riffeser, “che si debbano sospendere le pubblicazioni, mettendo in difficoltà l’intera filiera: giornalisti, poligrafici, distributori nazionali e locali e edicole. Tutto questo in un momento particolare per l’Europa e per il nostro Paese in cui l’informazione assicurata dai giornali è quanto mai indispensabile”.

“Faccio appello - conclude Riffeser - al Governo, al Parlamento e alle Forze politiche. Occorre fare, e presto, due cose: trasferire immediatamente alle imprese le risorse per il sostegno al settore già stanziate e prevedere nuovi e significativi interventi sul mercato della carta e dell’energia”.

Frenata a gennaio per la pubblicità sulla stampa

11 Marzo 2022

Gennaio inizia male anche per gli investimenti sulla carta stampata, un dato negativo che si unisce all’ulteriore caduta delle vendite in edicola con cui è iniziato il nuovo anno. E bisogna subito dire che i dati sulla pubblicità di gennaio non risentono ancora dei venti di guerra: il conflitto in corso è infatti iniziato il 24 febbraio con l’ingresso delle truppe russe nel territorio ucraino.

In generale, l’Osservatorio Stampa FCP (Federazione Concessionarie Pubblicità) indica a gennaio una flessione del 2,8% del fatturato pubblicitario sulla carta stampata rispetto all’analogo periodo del 2021. Nel dettaglio, i quotidiani hanno evidenziato una flessione dello 0,7% mostrando una discreta tenuta, mentre per i periodici la frenata è stata maggiore, con una caduta nel complesso del 13,9%.

In particolare, la pubblicità sui settimanali ha segnato un tonfo del 27,1%. In controtendenza, invece, gli investimenti pubblicitari sui mensili, risaliti del 5% rispetto a un anno fa con il risultato che, a gennaio, il fatturato pubblicitario sui mensili ha superato quello sui settimanali. In calo anche il dato relativo ad altre periodicità, in calo del 23,3%.

Tax credit pubblicità: domande dal 1° al 31 marzo 2022

Anche quest’anno il Governo mette a disposizione fondi per un credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari effettuati nel corso del 2022.

La richiesta deve essere presentata dal 1° al 31 marzo all’Agenzia delle Entrate, salvo poi confermare, tra gennaio e febbraio del prossimo anno (2023), gli investimenti realmente effettuati ne 2022. Il credito sarà concesso nella misura del 50% del valore degli investimenti pubblicitari effettuati quest'anno, in quanto anche per il 2022 viene meno il requisito dell'incremento minimo dell'1% rispetto agli investimenti effettuati l'anno precedente.

Nel calcolo degli investimenti su cui è possibile chiedere il tax credit sono compresi quelli in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

UPA preoccupata per ricadute negative su investimenti pubblicitari

Già a inizio anno il presidente di UPA (Utenti Pubblicità Associati), Lorenzo Sassoli de Bianchi, aveva espresso preoccupazione per l’andamento, nel corso del 2022, degli investimenti pubblicitari, reduci da un 2021 in aumento (più 4,2% quelli su carta stampata rispetto al 2020, anno segnato da un tonfo del 22,9% causa pandemia).

A preoccupare Sassoli era soprattutto l’impennata dei prezzi energetici e le ricadute negative che questo avrebbe potuto arrecare all’economia a partire dalle pressioni inflazionistiche e rallentamento della crescita. La guerra in Ucraina e l’ulteriore balzo a nuovi record dei prezzi del gas e delle materie prime tronca ogni speranza di ripresa degli investimenti aziendali in pubblicità.

«Sappiamo bene che quando c’è da tagliare, la prima voce su cui intervenire è spesso quella della comunicazione pubblicitaria», ha ricordato Sassoli precisando che «per questa ragione sono personalmente molto preoccupato, dal momento che è sicuro che l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime peserà sui bilanci di tanti inserzionisti».

Stampa editoriale a rischio continuità: l’allarme di Assografici

10 Marzo 2022

Come già fatto ieri da Assocarta, anche Assografici, Associazione Nazionale Italiana Industrie Grafiche Cartotecniche e Trasformatrici, lancia il proprio avvertimento al mercato circa le difficoltà del settore a mantenere gli attuali livelli produttivi di fronte all’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime, con inevitabili ricadute a valle sui settori che ruotano attorno all’utilizzo di carta, incluso quello della stampa editoriale.

“Molti stabilimenti cartari, fortemente energivori, hanno ora annunciato rallentamenti se non veri e propri fermi produttivi. Data la situazione critica che già registriamo da mesi, non è difficile intuire come sia ora a rischio la continuità produttiva anche di tutta la filiera a valle”, avverte Emilio Albertini, Presidente di Assografici.

Settori a valle in difficoltà

In un comunicato Assocarta spiega che “da mesi tutti i comparti della stampa e della trasformazione di carta, cartone e imballaggio flessibile denunciano infatti difficoltà che ora rischiano di diventare veri ostacoli a proseguire regolarmente l’attività:
- la stampa di riviste in rotocalco, anch’essa energivora, è già da tempo in condizioni di non economicità;
- la stampa di libri è frenata dalla scarsa disponibilità di carte ad uso editoriale, ormai prodotte da pochi player europei (ad aggravare ulteriormente la situazione si segnala lo sciopero di un’importante cartiera nord-europea, in atto da lungo tempo) e dal difficile reperimento di quasi tutti i materiali, in particolare quelli per la produzione di lastre;
- il settore del cartone ondulato, fogli e scatole, non riesce a fare fronte a una domanda per giunta crescente e la notizia di ieri dello stop di alcuni importanti siti produttivi cartari, rende concreta la prospettiva di fermi anche per gli ondulatori, che hanno già scorte ridotte di carta a magazzino; - la produzione di astucci in cartoncino per alimentare, farmaceutico, cosmetica è rallentata dalla carenza di carta e altre materie prime;
- manca il materiale per produrre etichette, imprescindibili per molte filiere, in particolare quella farmaceutica e quella alimentare;
- anche la produzione di packaging flessibile, che utilizza prevalentemente materiali plastici, è appesantita dagli straordinari rincari energetici, dal rincaro dei prezzi delle materie prime in conseguenza dell’aumento del costo del petrolio e frenata dalla difficoltà a reperire alcune materie prime (foglia d’alluminio, EVOH) che spesso provengono da paesi extra UE, perché l’offerta europea non basta a soddisfare la domanda interna".

Situazione eccezionale che richiede misure straordinarie

Il nuovo shock energetico, seguente al conflitto in Ucraina, sta rapidamente compromettendo la situazione di un’intera filiera, già in difficoltà nella gestione degli incrementi dei prezzi della carta e degli altri fattori produttivi e nell’approvvigionamento di tutte le materie prime. “È una situazione veramente eccezionale, anche di carenza di materie prime, che segue il periodo pandemico già molto complicato, e che nessuno ricorda si sia mai verificata prima con questa intensità e rapidità sui nostri mercati”, prosegue Albertini, paventando possibili aumenti di prezzo sui clienti finali.

Per questo motivo, conclude Albertini, “Assografici insieme ad Assocarta e Acimga nella Federazione Carta e Grafica, unisce la sua voce a quella di Confindustria nella richiesta di misure straordinarie che divengono sempre più urgenti per affrontare l'emergenza, sia in sede Ue che da parte del Governo italiano".

Vendite quotidiani in edicola: parte male il 2022

09 Marzo 2022

Inizia con uno scivolone il 2022: su base annua, a gennaio sono calate in maniera generalizzata le vendite individuali cartacee di quotidiani, pur con la conferma di alcune testate che si sono mosse in controtendenza come La Verità di Maurizio Belpietro e La Gazzetta dello Sport.

Secondo quanto emerge dai nuovi dati comunicati da ADS Accertamenti Diffusione Stampa, con 151.119 copie vendite in edicola, Il Corriere della Sera si conferma il quotidiano più letto del Paese ma perde quasi il 9% di copie rispetto a gennaio di un anno fa quando erano 165.990. Passando al diretto concorrente, La Repubblica, la perdita diventa quasi doppia (-14,9%). La testata ammiraglia del gruppo GEDI vede consolidarsi le vendite mensili ben al di sotto della soglia delle 100.000 copie, triste primato raggiunto nei mesi scorsi. A gennaio 2022 sono infatti 97.281 le copie vendute, contro le 114.333 di un anno prima. Restando all’interno del gruppo GEDI, tiene invece la posizione La Stampa con poco più di 73.000 copie vendute, il 3,45% in meno rispetto a un anno fa.

Flessioni a doppia cifra, invece, per le testate del gruppo QN. A gennaio QN Il Resto del Carlino si ferma a 63.790 copie (-11,5% rispetto a un anno prima), QN La Nazione si attesta a 43.139 (-12%) e QN Il Giorno scende a 19.740 copie (-10%). Duemila copie in meno (-3,73%) anche per Il Messaggero che con 50.390 copie è il sesto quotidiano più letto. Tiene bene Avvenire con 5.320 copie, poco meno delle 5.600 di un anno prima.

Passando ai giornali politicamente schierati, prosegue la corsa de La Verità, che con 4.000 copie in più rispetto a un anno prima (più 16%) arriva a sfiorare le 30.000 copie insidiando Il Giornale che vede scendere le copie vendute in edicola a 31.255, da 44.429 di un anno prima (-29%). Perde quota anche Libero che si assesta a 19.300 copie (-15%). Brusca battuta d’arresto pure per Il Fatto Quotidiano che scende a 23.679 copie rispetto alle quasi 30.000 di gennaio (-20%) e anche per I l Manifesto che scende a 6.673 copie (-12,2%).

Si muovono in controtendenza i quotidiani sportivi. La Gazzetta dello Sport vende oltre 80.500 copie, quasi il 20% in più rispetto a gennaio 2021. Stabile I l Corriere dello Sport a 38.600 copie, dati che si scontrano però con il pesante tonfo di Tuttosport, che perde quasi 13.000 copie passando in 12 mesi da 36.108 a 23.260 copie.

Male anche i quotidiani economici che perdono quasi un quarto di copie rispetto a un anno prima: Il Sole 24 Ore si ferma a 26.202 copie (-24%) e Italia Oggi a 5.965 copie (-23%).

Flessioni generalizzate anche per i quotidiani locali.

Rincari energia e materie prime. Pro-Gest ferma 6 cartiere. Allarme di Assocarta

08 Marzo 2022

È arrivato il momento più temuto, quello in cui l’aumentato costo dell’energia e delle materie prime costringe le imprese a interrompere la produzione a fronte di ricavi che non riescono più a coprire le spese. È il momento in cui salta ogni equilibrio finanziario e all’azienda conviene fermare gli impianti piuttosto che produrre in perdita.

Purtroppo è quello che è stato costretto a fare il gruppo Pro-Gest, controllato dalla famiglia Zago, una delle imprese cartarie più importanti d’Italia con un fatturato che nel 2021 ha superato i 700 milioni di euro ( 60% rispetto al 2020), frutto anche di investimenti per oltre 500 milioni di euro negli ultimi cinque anni che hanno portato alla realizzazione di un parco macchine all’avanguardia.

Aumento incontrollato dei costi, serve l'aiuto delle istituzioni

A causa dell'aumento dei prezzi del metano, che hanno raggiunto il picco storico, il gruppo ha deciso di interrompere temporaneamente la produzione di tutte le macchine continue di carte per ondulatore e tissue, mettendo in pausa forzata le cartiere degli stabilimenti di Camposampiero, Villa Lagarina (Trento), Mesola (Ferrara), Tolentino (Macerata), Mantova e Capannari (Lucca). Per il momento nessuna sospensione riguarderà invece gli impianti del Gruppo destinati alla produzione degli imballaggi.

«È un momento di straordinaria e drammatica criticità che vogliamo superare quanto prima. Stiamo monitorando da vicino - ha dichiarato in una nota Francesco Zago, Amministratore Delegato del Gruppo Pro-Gest - la situazione della guerra e siamo profondamente addolorati per il popolo ucraino, auspicando una soluzione immediata del conflitto armato. Anche a causa di queste gravi tensioni, il prezzo del gas naturale oggi è di oltre dieci volte superiore rispetto a dodici mesi fa ed è triplicato in poco più di una settimana. Ci auguriamo sinceramente di poter riprendere la produzione non appena le condizioni lo consentiranno e chiediamo alle istituzioni di intervenire per salvaguardare interi comparti produttivi, messi oggi fuori mercato da un aumento incontrollato dei costi».

Allarme di Assocarta: costi energia insostenibili

A lanciare l’allarme per tutto il settore è Assocarta. “Le cartiere italiane si stanno misurando con un peso della solo bolletta del gas sul fatturato aumentato del 400% solo nel 2021/2020, ma dall’inizio del 2022 il dato è molto peggiorato”, afferma il Presidente di Assocarta, Lorenzo Poli, che già a fine ottobre aveva pronosticato l'eventualità di una fermata della produzione di fronte a costi sempre più alti.

“Abbiamo resistito, anche producendo in perdita, ma in questi giorni sempre più stabilimenti cartari si stanno fermando e stanno riducendo l’attività. Non ci ha fermato la pandemia, ci sta riuscendo uno shock energetico, a seguito dell’attuale situazione di crisi tra Ucraina e Russia”, aggiunge Poli.

Per questo Assocarta chiede che vengano "immediatamente prese delle misure compensative per i rialzi dei costi energetici a favore delle imprese energivore, pure previste dal Joint European Action. Ad esempio - precisa il Presidente dell'Associazione - misure immediate in grado di “anticipare” i benefici degli stoccaggi in comune e della diversificazione degli approvvigionamenti alle imprese, oltre alla sospensione del mercato della Co2".

Il problema della fermata della produzione non riguarda solo il settore cartario - al 3° posto in Europa per produzione, alle spalle di Germania e Svezia, grazie a 150 stabilimenti che hanno prodotto nel 2021 oltre 9,6 milioni di tonnellate ( 12,5% sul 2020) generando un fatturato di 8,18 miliardi di euro ( 28,6% sul 2020) - ma tutte le differenti filiere in cui è coinvolto e in particolare la produzione di imballaggi, di carte igieniche sanitarie, di carte medicali, di carte grafiche per l’editoria e l’informazione, oltre all’economia circolare e al riciclo della carta.

A rischio la tenuta della filiera editoriale

Esattamente un mese fa, l’8 febbraio, la Federazione Carta e Grafica, insieme all’Associazione Italiana Editori (AIE), dall’Associazione Nazionale Editoria di Settore (ANES), avevano lanciato l’allarme sulla tenuta della filiera editoriale dovuto alla forte impennata dei costi delle materie prime e dell’energia. Minore offerta di libri e riviste, ritardi nelle consegne, possibili aumenti dei prezzi per il pubblico dei lettori, gravi problemi per l’editoria scolastica erano indicate come le principali conseguenze negative.

Confindustria prevede ulteriori squilibri nell'attività industriale

Ma non è certo solo il comparto cartario a soffrire. Secondo l'indagine rapida del Centro Studi Confindustria, la produzione industriale italiana dovrebbe essere calata anche a febbraio (-0,3%) dopo il tonfo di gennaio (-0,8%), anche se la stima è prudente e tiene in considerazione “solo in minima parte gli effetti dello scontro tra Russia e Ucraina, che sta accrescendo le difficoltà di approvvigionamento delle imprese e spingendo ancora più in alto i prezzi di materie prime ed energia”.

In attesa di capire l’evoluzione della guerra in Ucraina, lo scenario per i prossimi mesi resta pessimista. Secondo Confindustria, gli effetti della crisi “contribuiranno a generare ulteriori squilibri nell’attività industriale dei prossimi mesi peggiorando la scarsità di alcune commodity, rendendo più duraturi gli aumenti dei loro prezzi, oltre ad accrescere l’incertezza rischiando di compromettere così l’evoluzione del Pil nel 2022”.

GEDI dice addio a L'Espresso. Giornalisti in sciopero.

08 Marzo 2022

La vendita del settimanale L’Espresso scuote il mondo dell’informazione. Eppure non si tratta di una cessione inattesa. Le voci di un possibile trasferimento di proprietà si rincorrevano da mesi. Le difficoltà che hanno investito la stampa cartacea non hanno risparmiato il noto settimanale, che aveva smesso di vivere di vita propria e già da qualche tempo usciva in edicola alla domenica in abbinamento a La Repubblica.

E non è nemmeno la prima volta che un'importante testata di attualità cambia proprietà: era già successo a Panorama, il settimanale che nel novembre 2018 Mondadori ha ceduto al gruppo fondato e guidato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità.

La cessione de L’Espresso, però, fa rumore. Fondato da Arrigo Benedetti e Eugenio Scalfari nel 1955, L’Espresso è stata la pietra angolare su cui è nato l’omonimo gruppo editoriale che ha tenuto a battesimo la nascita de La Repubblica (diventato il secondo maggiore quotidiano degli italiani, incalzando il primato del Corriere della Sera), negli anni si è distinto per impegno politico e battaglie culturali oltre che per i diritti civili, ed è stato l’artefice di tante inchieste che hanno fatto clamore.

Ecco perché oggi la vendita de L’Espresso appare come un doloroso strappo con il passato e pone interrogativi sul futuro dell’editoria, in particolare di quella periodica. Non è un caso che sia Mondadori che GEDI, i due dei maggiori gruppi editoriali italiani, abbiano deciso di uscire dal comparto dei periodidi per focalizzarsi sui libri la prima, su quotidiani multimediali e radio la seconda.

Si impoverisce l'informazione italiana

“L'ipotesi di cessione del settimanale L'Espresso non è un affare che riguarda un gruppo editoriale e i giornalisti che vi lavorano” ma, sottolinea Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), “esiste una questione molto più delicata che ha a che fare con il futuro dell'informazione e della democrazia nel nostro Paese” e che chiama in causa anche l’indifferenza “delle istituzioni, Governo in primis, e degli stessi editori”.

“Purtroppo - osserva ancora Lorusso - continua a prevalere un'impostazione che tende a evitare qualsiasi tavolo di confronto e a concentrare gli sforzi e le risorse quasi unicamente sulla riduzione del costo del lavoro e dell'occupazione. Una visione, sostenuta dai Governi che si sono succeduti, che ha soltanto impoverito l'informazione italiana, come dimostrano gli stati di crisi che si sono susseguiti dal 2008 ad oggi”.

Sciopero ad oltranza

Durissima, come era immaginabile, la reazione dei giornalisti de L’Espresso, che hanno proclamato uno sciopero ad oltranza delle firme, sia sul settimanale cartaceo che online, e l’astensione dal lavoro per impedire l’uscita del prossimo numero mentre il direttore Marco Damilano si è dimesso "per una questione di coscienza e di dignità", in dissenso con il modo con cui è stata condotta la vendita.

La redazione esprime in questo modo “la ferma protesta per i modi in cui la trattativa sulla cessione della testata è stata condotta, e per il risultato finale di un negoziato che per mesi metterà L’Espresso in una situazione che non ha precedenti nella storia dell’editoria italiana, di fatto una co-gestione sospesa tra due proprietà”.

Cambia la proprietà, ma L'Espresso resta abbinato a La Repubblica

Il Gruppo GEDI ha comunicato infatti di “aver ricevuto e accettato una proposta dalla società L’Espresso Media srl per l’acquisto da parte di quest’ultima dei rami d’azienda relativi al settimanale L’Espresso e alle Guide de L’Espresso. Sotto la nuova proprietà, che fa capo a Bfc Media, un gruppo editoriale solido, che ha valorizzato economicamente la testata e che sta puntando sullo sviluppo di riviste periodiche, il settimanale L’Espresso potrà trovare maggiore allineamento nella strategia aziendale, rispetto alla direzione evolutiva che il Gruppo GEDI ha intrapreso e sta perseguendo da anni, centrata sull’informazione in real time per il grande pubblico e sullo sviluppo di contenuti digitali e multimediali per i quotidiani e le radio. Per accompagnare la fase di transizione, in base alle intese raggiunte, il settimanale resterà abbinato all’edizione domenicale del quotidiano La Repubblica”.

Sciopera anche La Repubblica

Solidarietà è arrivata anche dai colleghi de La Repubblica, che lunedì 7 marzo hanno incrociato le braccia, uno sciopero votato a larghissima maggioranza (235 sì, 9 no e 6 astenuti) affidando al Cdr un pacchetto di altri tre giorni di sciopero e il compito di chiedere all’azienda impegni vincolanti su investimenti e perimetro aziendale.

"Martedì 8 marzo Repubblica non sarà in edicola e il sito non verrà aggiornato per 24 ore, fino alle 19 di martedì. La redazione compatta - si legge nel comunicato pubblicato sul sito - è stata costretta a proclamare lo sciopero dopo la decisione del Gruppo Gedi di vendere lo storico settimanale L’Espresso. Decisione che il gruppo non ha esitato a formalizzare proprio mentre l’Europa è sconvolta per la guerra in Ucraina e mentre i nostri inviati sono incessantemente impegnati a raccontare quanto avviene su quei fronti".

Nessuno sciopero, invece, per La Stampa, il cui Cdr si è però impegnato a chiedere un incontro chiarificatore a GEDI.

I progetti del nuovo proprietario Danilo Iervolino

Ufficialmente GEDI ha sottoscritto una lettera d'intenti con la neocostituita società L’Espresso Media srl, partecipata al 51% da BFC Media, società quotata al mercato Euronext Growth Milan, e al 49% da IDI Srl a socio unico Danilo Iervolino, riguardante la cessione dei rami d’azienda relativi al periodico L'Espresso e a Le Guide de L'Espresso. Nessuna indiscrezione sulla cifra pagata, ma l’accordo prevede una serie di collaborazioni inerenti la promozione congiunta di iniziative editoriali, i servizi di distribuzione nelle edicole e la gestione degli abbonamenti.

Tenuto conto che Danilo Iervolino a fine 2021 ha perfezionato un accordo per l’acquisto del 51% di BFC Media, sarà lui il proprietario di riferimento per L’Espresso. Fondatore e Presidente dell’Università Telematica Pegaso e, dalla fine dello scorso anno, anche presidente della squadra di calcio della Salernitana, Iervolino ha lasciato trapelare alcuni dei progetti per L’Espresso in un’intervista al Fatto Quotidiano.

Il nuovo direttore? “ci stiamo lavorando”, risponde Iervolino, onorato di essere considerato “il nuovo Caracciolo”. Licenziare? “Nessuno, ma proprio nessuno”. L’Espresso diventerà un quotidiano? “Resterà settimanale". Si apprende inoltre l'intenzione del nuovo editore di trasferire la redazione a Milano e di creare attorno al brand L'Espresso una piattaforma articolata che comprende, oltra alla rivista cartacea, una radio, podcast e eventi.

BFC Media, un gruppo editoriale in crescita

Quotata al mercato Euronext Growth Milan dal 2015, BFC Media è un gruppo editoriale in crescita. L’anno scorso i ricavi hanno superato i 16 milioni di euro con una crescita del 46% rispetto al 2020 a fronte di una redditività in aumento: l’Ebitda è aumentato del 75% da 1,2 a 2,1 milioni di euro. Il gruppo, inoltre, gode di una buona solidità finanziaria grazie a una liquidità, a fine 2021, di oltre 1,6 milioni di euro.

Tali risultati – spiega la società presieduta da Denis Masetti – “sono il frutto dello sviluppo delle iniziative multimediali avviate negli anni e che abbracciano varie aree con brand sempre più affermati e leader nelle diverse aree, come Forbes per il mondo delle imprese; Bluerating per il mondo della finanza; Bike per il ciclismo e la smart mobility; Cosmo per la space economy; Equos per il mondo ippico e il betting; e Robb Report per il settore del lusso”.


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