I dati Istat sui consumi di agosto indicano un’incoraggiante crescita del 5,9% su base annua della spesa per “Cartoleria, libri giornali e riviste”, un incremento superiore a quello delle vendite al dettaglio, salite nel complesso, nello stesso periodo, dell’1,9%.
In assenza di un dato scorporato per le singoli voci, si può ipotizzare che a trainare i consumi siano stati soprattutto i libri, le cui vendite sono un po’ a sorpresa in decisa crescita, e la cartoleria in vista del ritorno sui banchi a settembre. Il ruolo dei giornali dovrebbe essere stato marginale. Si tratta comunque di un dato da monitorare insieme a quello sulle vendite della stampa cartacea, in ripresa generalizzata a luglio e con un andamento contrastato in agosto dopo infiniti mesi di contrazione, secondo quanto emerso dalle statistiche di ADS – Accertamenti Diffusione Stampa.
DAL CARTACEO SEGNALI DI RESILIENZA – Difficile però ipotizzare un repentino cambio di rotta delle vendite di quotidiani e periodici, anche se è lecito sperare in un rallentamento del trend di decremento. La pandemia ha fatto emergere il bisogno di un’informazione più qualificata, approfondita e attendibile, scevra da quelle fake news che hanno avuto nei social la loro massima cassa di risonanza.
È possibile che questo abbia indotto una fetta di popolazione a riavvicinarsi alla carta stampata. Durante i mesi del lockdown, ad esempio, i giornali locali hanno evidenziato incrementi delle vendite di un certo peso. E oggi alcune testate cartacee, come Il Foglio, o dell’online, come Il Post , hanno deciso di mandare in edicola nuovi prodotti editoriali intercettando l’interesse dei lettori per un certo tipo di approfondimento informativo su carta. E forse per approfittare anche di un mercato pubblicitario in ripresa, sostenuto dal nuovo bonus introdotto dal decreto Sostegni bis.
Il CENSIS FOTOGRAFA LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA – Si tratta dunque di piccoli segnali di vitalità per un settore alla ricerca di nuove forme di sopravvivenza per non soccombere all’avanzata del digitale e in perenne attesa di una riforma in grado di rilanciarlo verso un nuovo futuro. Ma la fotografia emersa dall’ultimo Rapporto sulla Comunicazione del Censis è impietosa. Per i media a stampa “si accentua la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso vale per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%), duramente colpiti dagli effetti della pandemia”, si legge nel Rapporto.
Il grafico in alto testimonia in maniera ancora più marcata la crisi della carta stampata, con la spesa per giornali e libri che segna la contrazione più pesante nel periodo 2007-2020 in termini di consumi mediatici delle famiglie italiane. Fa da contraltare un’impennata senza eguali della spesa per telefonini e un buon andamento della spesa per computer e audiovisivi.
IL DIGITALE CORRE MA INIZIA A STANCARE – Tornando al triennio 2019-2021 il Censis sottolinea che “si registra un forte aumento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’83,5% di utenza, 4,2%), mentre quelli che utilizzano gli smartphone salgono all’83,3% (con una crescita record rispetto al 2019: 7,6%), così come lievitano complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network ( 6,7%)”.
Allo stesso tempo, però, inizia a serpeggiare una certa disaffezione per il digitale: “Più della metà degli italiani (52,8%) dichiara che si sente stanco di questo uso continuo dei dispositivi digitali e che vorrebbe “staccare la spina”. A una certa distanza emergono anche gli altri aspetti negativi. I dispositivi digitali “rubano” troppo tempo secondo il 32,2% degli italiani, che nel 31,5% dei casi avvertono il bisogno di connettersi continuamente. Per non parlare di quel 22,8% che dichiara di non riuscire proprio a disconnettersi mai”.
MOLES: LA CARTA NON ESCLUDE L’ONLINE – Il futuro dell’informazione deve dunque prevedere una interconnessione tra le due forme, quella tradizionale su carta e quella innovativa sul web. Un concetto ribadito più volte anche dal Sottosegretario per l’Editoria Giuseppe Moles. “Credo che i due mondi possano e debbano convivere. L’uno può essere utile all’altro. Dipende da come si utilizzano questi strumenti”, ha ribadito in una recente intervista in occasione del Salone del Libro di Torino.
Digitale e cartaceo devono trovare nuovi modi di dialogare e, secondo Moles, è compito degli Editori pensare a modelli di business in grado di farlo. Così come l’arrivo della TV non ha soppiantato la radio, internet non manderà in pensione i quotidiani, ha sottolineato in un’intervista lo scorso settembre. Il compito degli Editori “è di non fermarsi all’oggi e capire i cittadini che tipo di prodotto desiderano”. E devono farlo, secondo il Sottosegretario per l’Editoria, tutelando gli attuali livelli occupazionali e puntando sulla formazione e nuove professionalità”. Questa è la vera sfida.
Serve “una riflessione politica” da parte di tutta la filiera su quanto sta accadendo al mondo dell’informazione e, soprattutto, a un anno e mezzo dalla fine della legislatura, serve una legge di riforma dell'Editoria che possa garantire agli italiani “cultura, diversità, conoscenza”.
Riportiamo di seguito l’appello a salvaguardia del pluralismo dell’informazione lanciato da Roberto Paolo, Presidente della FILE – Federazione Italiana Liberi Editori, l’associazione che raggruppa i piccoli editori di quotidiani e periodici locali e le cooperative. Ci fa piacere che abbia posto l’attenzione anche sulla situazione delle edicole “che stanno vivendo da anni una continua decimazione”.
Nei giorni scorsi l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, ha proposto di azzerare il fondo per il pluralismo nell'editoria per dirottare maggiori risorse sulla televisione pubblica. Il presidente della Federazione Italiana Editori Giornali, Andrea Riffeser Monti, ha immediatamente replicato che tagliare il fondo per l'editoria significa azzerare il pluralismo, condannando alla chiusura immediata centinaia di giornali che vivono con grande difficoltà questo momento.
Alcune considerazioni sono necessarie. L'apporto del canone Rai al fondo per il pluralismo ammonta a circa 110 milioni di euro e rappresenta, quindi, appena una goccia nel mare nei conti della concessionaria pubblica. Non è tanto un problema di risorse, ma di logica nell’allocazione delle risorse. La Rai è sicuramente garanzia di pluralismo e la sua storia, come le sue migliaia di dipendenti, vanno certamente tutelati. Ma sorprende che chi ha questo delicatissimo incarico possa pensare di risolvere il problema, anzi, di alleviare appena un po' il problema dei conti dell’azienda che gestisce, condannando alla chiusura altre imprese editrici, che a loro volta sono tutela di diversità, con la loro storia e con le loro migliaia di dipendenti. Il pluralismo dell'informazione per definizione è pluralità e non possono esistere figli di un Dio minore. L’intervento di Andrea Riffeser Monti a tutela delle realtà di dimensioni minori, con particolare riferimento alle testate locali e alle cooperative giornalistiche, apre la strada ad una nuova stagione in cui non devono più esserci contrapposizioni tra gli uni e gli altri, i grandi e i piccoli, ma deve consolidarsi un sistema che nella sua complessità e con le sue differenze garantisce il pluralismo.
Purtroppo, alcune guerre ideologiche hanno fatto perdere di vista negli anni la logica dell’intervento pubblico. La sua indispensabilità per una compiuta democrazia è stata sottolineata di recente dalla Corte Costituzionale, che ha richiamato Parlamento e Governo al sostegno del pluralismo dell'informazione. Interventi sporadici hanno invece provocato effetti che hanno reso il mercato dell’editoria molto fragile. La transizione al digitale è al tempo stesso una causa della crisi e un’opportunità per il settore. Ma non è più tempo di attendere. La concentrazione della raccolta pubblicitaria, le dinamiche di mercato degli “over the top”, i fallimenti editoriali e le conseguenti concentrazioni di testate giornalistiche sono sotto gli occhi di tutti. È storia di questi giorni l’incredibile vicenda della Gazzetta del Mezzogiorno che non riesce a tornare in edicola. E del resto anche le edicole stanno vivendo da anni una continua decimazione, in un silenzio assordante o con inutili proclami, con l'effetto di rendere l’acquisto di un giornale una sorta di caccia al tesoro.
Una riforma di tutto il sistema è quantomai non solo necessaria, ma urgente. Non è più il tempo di Stati generali e simili passerelle. Il sottosegretario all'editoria Giuseppe Moles si è impegnato, subito dopo l'insediamento, a portare a compimento una seria riforma del settore. Manca solo un anno e mezzo alla fine della legislatura. È arrivato il momento di aprire una seria riflessione politica, assieme a tutti gli operatori dell'informazione, associazioni datoriali e Federazione Nazionale della Stampa, che nasca dalla conoscenza delle tante e diverse realtà di questo settore e che giunga ad una legge che possa garantire al Paese e ai suoi cittadini cultura, diversità, conoscenza.
La pandemia ha cambiato le abitudini di lettura degli italiani. Si leggono più libri, come testimoniano i dati rilasciati da Editori e librerie e come confermano i dati arrivati dal recente Salone del Libro di Torino, che si è concluso con vendite superiori a quelle dell’edizione pre-Covid del 2019.
Discorso diverso per quanto riguarda la stampa: come emerge dalla consueta indagine condotta dall’Audipress, calano ancora i lettori totali (-2,6% rispetto alla precedente rilevazione) mentre crescono quelli che scelgono di informarsi sul digitale.
“I dati Audipress 2021/II sono il risultato di un anno di passaggio, in cui si sono consolidate e sviluppate nuove abitudini che hanno avuto grande impulso dalla pandemia. La crescita dei volumi delle letture di digital edition è stata in quest’ultimo anno progressiva e significativa, in aumento del 21,5% rispetto alla precedente edizione e più che triplicata rispetto al periodo pre-pandemico”, ha osservato Ernesto Mauri, Presidente di Audipress.
MENO DEL 10% DELLA POPOLAZIONE SCEGLIE DI INFORMARSI ONLINE - L’indagine mostra che sono 5,2 milioni gli italiani che fruiscono ogni mese di un’informazione qualificata e strutturata su supporto digitale e lo fanno “in maniera trasversale ai vari segmenti editoriali: Quotidiani 11,6%, Settimanali 17,3%, Mensili 16,8% rispetto alla precedente pubblicazione”, aggiunge Mauri. Si tratta in ogni caso di una quota pari al 9,8% della popolazione italiana, una minoranza quindi.
Scendono invece a 32,4 milioni gli italiani che leggono almeno uno dei principali titoli stampa su carta o digitale replica ogni mese (da precedenti 33,3 milioni). Resta comunque un dato rilevante: oltre metà della popolazione italiana sceglie una “informazione certificata e prodotta dai brand editoriali”.
CRESCE LA SPESA PER L'INFORMAZIONE - “Una scelta attiva, che genera anche una crescita nella spesa per l’informazione, come mostrano i dati relativi alla fonte di provenienza della copia letta, con l’aumento della copia acquistata (personalmente/in famiglia e/o con sottoscrizione di abbonamento, che rappresenta il 68,1% per i Quotidiani, il 79,0% per i Settimanali e il 76,0% per i Mensili), mentre risulta ancora intaccata la quota di lettura di copia condivisa, necessariamente influenzata dai nuovi comportamenti sociali”, precisa l’indagine Audipress.
Considerando le principali testate italiane, su carta o digitale, in un giorno medio - precisa l'indagine Audipress - accede all’informazione attraverso la lettura di un quotidiano il 21,6% degli italiani con oltre 14 anni (11.453.000 lettori), con circa 16,5 milioni di letture ogni giorno. Nel comparto periodici, ogni settimana sono quasi 16,6 milioni le letture per le testate settimanali, che coinvolgono circa il 20% della popolazione di riferimento (10.562.000 lettori), mentre ogni mese circa 16,7 milioni di letture per le testate mensili raggiungono il 18,7% degli italiani (9.895.000 lettori).
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana alza il tiro. Il sindacato unitario dei giornalisti ha inviato una lettera-appello alle principali testate per richiamare l’attenzione del Governo sulle problematiche del settore. Con un unico obiettivo: “non lasciar morire l’informazione italiana”.
“Il diritto dei cittadini a essere informati è sotto attacco. I giornalisti - si legge nell’annuncio - sono nel mirino di organizzazioni criminali e neofasciste. Vengono quotidianamente intimiditi, minacciati, picchiati per via del loro lavoro”.
Il riferimento ai recenti attacchi, anche fisici, dei giornalisti durante le manifestazioni no vax non è l’unico assillo della FNSI, che già nei giorni scorsi era scesa in piazza in difesa dei diritti di chi fa informazione.
A preoccupare sono anche le condizioni economiche dei colleghi e i comportamenti degli Editori, spesso costretti a ricorrre alla cassa integrazione o addirittura a chiudere e/o vendere testate. “Una crisi senza precedenti mette in ginocchio il settore dell’editoria. L’occupazione è sempre più precaria. Migliaia di giornalisti sono costretti a lavorare senza diritti, senza tutele e con retribuzioni indegne di un Paese civile”, si legge nell’appello.
Da qui l’esortazione a intervenire per tutelare il settore: “Governo e Parlamento dimenticano l’articolo 21 della Costituzione. Non vogliono fermare le querele bavaglio. Non vogliono norme per l’equo compenso e per contrastare il precariato”, si legge ancora nell'annuncio.
Senza dimenticare la crisi dell'INPGI, la cassa previdenziale dei giornalisti, che attraversa una difficile situazioni finanziaria al punto da rischiare il commissariamento.«Lasciar affondare l'Istituto di previdenza dei giornalisti italiani significa dare il via allo smantellamento progressivo dell'autonomia e del pluralismo dell'informazione, pilastro di ogni democrazia. Governo e Parlamento – l'appello della FNSI – non lascino morire l'informazione italiana».
Parole pesanti che meritano una risposta da parte della Politica. Di una legge di sistema destinata a rilanciare l'intero settore dell'informazione si parla da molto tempo e anche il Sottosegretario per l'Editoria Giuseppe Moles ha di recente affermato che i tempi sono maturi per la sua realizzazione. Il pericolo è di mettere sempre più a rischio la pluralità dell'informazione e il diritto dei cittadini ad essere informati.
Risale a queste utime ore l'indiscrezione di stampa secondo cui Mondadori starebbe trattando la cessione di Donna Moderna e Casa Facile alla società Stile Italia Edizioni controllata da Maurizio Belpietro, direttore e fondatore del quotidiano La Verità, che in passato aveva già acquistato da Mondadori Panorama, Confidenze, Cucina Moderna, Sale&Pepe, Starbene e Tu Style. Allo studio pare esserci anche la cessione (ad un gruppo internazionale) del mensile Interni e forse perfino di una testata storica comeGrazia. Dismissioni che alla Mondadori potrebbero mettere a rischio ben 117 posti di lavoro.
Alla vigilia del Salone del Libro di Torino - che apre domani la sua XXXIII edizione (14-18 ottobre) finalmente in presenza - il comparto librario tira un respiro di sollievo. Le statistiche dipingono un settore uscito rafforzato dai lunghi mesi della pandemia, quando le librerie hanno dovuto adeguarsi al lockdown restando temporaneamente chiuse.
Il bilancio dei primi nove mesi non fa che confermare la tendenza positiva che ha caratterizzato il primo semestre. Secondo i dati emersi da un sondaggio condotto da SWG per il Sindacato Italiano Librai (SIL) Confesercenti, il 35% delle librerie di prossimità dichiara di aver incrementato le proprie vendite anche durante i mesi estivi.
Passando dal lato degli editori, l’Associazione degli Editori Indipendenti (ADEI) comunica che le vendite di libri hanno registrato un incremento del 25,3% in valore raggiungendo il 47% del mercato complessivo del libro con un fatturato complessivo che ormai veleggia sopra il miliardo di euro.
A conferma della vivacità del settore, sono stati “gli editori più piccoli, quelli con un fatturato inferiore a 300.000 euro, a registrare una vera propria impennata di vendite" con un balzo in avanti di oltre il 40% rispetto al 2020, come precisa il Presidente di ADEI, Marco Zapparoli.
Il merito, dicono gli addetti ai lavori, va anche alla Legge sul Libro e al bonus 18App che hanno funzionato come un importante paracadute per il settore salvaguardando soprattutto le piccole librerie di prossimità, che Amazon non ha ucciso, e avvicinando i giovani lettori al mondo dei libri, anche con la complicità di un social come TikTok che ha visto dilagare il fenomeno dei booktoker, veri e propri influencer letterari divenuti molto popolari tra i giovanissimi.
Un sostegno che ha funzionato bene ottenendo un doppio risultato: ha salvaguardato il settore dell'editoria libraria e ha incentivato allo stesso tempo la diffusione della lettura di libri tra la popolazione, specie tra i ragazzi. A quando iniziative simili anche per la carta stampata? La filiera attende ormai da molto tempo una riforma di sistema che rilanci il settore. Una riforma che dovrebbe includere anche incentivi alla lettura dei giornali, indirizzati soprattutto alle nuove generazioni di nativi digitali (abituati a cercare online le proprie fonti di informazione), perchè senza un vero ricambio generazionale di lettori, diventa difficile immagine un futuro di rilancio per Editori, Distributori ed edicolanti.
Un connubio non scontato ma che potrebbe trasformarsi in un volano di crescita per il territorio, e che vuole essere anche uno stimolo per incrementare la partecipazione delle nuove generazioni alla vita politica: la Regione Toscana scommette sui giovani e sulla cultura e lo fa con un grande evento.
SietePresente è il titolo della manifestazione in programma lunedì 18 ottobre a Pisa, presso Villa del Gombo, nella cornice del Parco San Rossore, alla presenza del Capo dello Stato. Insieme a una platea composta da centinaia di ragazzi e ragazze toscani, Sergio Mattarella ascolterà le testimonianze di alcuni giovani, modelli positivi di cittadinanza attiva, provenienti dal mondo della sanità, dell’innovazione, della sostenibilità ambientale e dello sport, animati dalla voglia di guidare il cambiamento.
SietePresente sarà anche l’occasione per realizzare il primo evento partecipativo a cui sono stati chiamati a raccolta 80 giovani tra i 18 e i 40 anni (selezionati tra 230 candidati) che saranno coinvolti attraverso laboratori e tavoli di lavoro per discutere di politiche regionali in ambito culturale al fine di “raccogliere punti di vista, sensibilità, esigenze, intenzioni, desideri sul tema cultura”.
Sarà “una vera e propria “maratona di idee”, durante la quale i giovani partecipanti potranno far emergere riflessioni e proposte che andranno a costituire le politiche regionali del futuro. Questo per far sì che la cultura, in termini di patrimonio, arte, creatività e partecipazione, rappresenti un driver per lo sviluppo sostenibile toscano nei prossimi anni” si legge sul sito della Regione.
Innumerevoli gli ambiti che saranno toccati: “dai musei ai beni culturali, dal teatro e la danza agli eventi culturali in tutte le loro sfaccettature, da chi è impegnato nelle mostre ai festival, dai concerti alla fiere o gli spettacoli dal vivo, ma anche il cinema e gli audiovisivi, i centri culturali indipendenti, le biblioteche, l’editoria e la stampa, la produzione artistica, la rigenerazione urbana e lo sviluppo locale, il mondo delle nuove tecnologie applicate alla cultura e poi ancora i servizi educativi, la ricerca e innovazione connessa e le pubbliche amministrazioni che di cultura si occupano”.
Ci auguriamo che, tra i vari temi in discussione, l’attenzione dei partecipanti si focalizzi anche sulla lettura dei quotidiani e sul futuro della carta stampata, ideando e promuovendo iniziative che possano avvicinare i più giovani al mondo dei giornali. Dovrebbe creare allarme il fatto che, nella grande maggioranza dei casi, le nuovi generazioni stiano basando la propria informazione in prevalenza su social network, strumenti ad alto potenziale di fake news. Chi lavora in edicola sa bene che l’età media di chi acquista quotidiani è piuttosto alta e manca del tutto un ricambio generazionale. Un allarme che finora è rimasto inascoltato.
Dopo la ripresa generalizzata di luglio, il mercato della carta stampata resta in cerca di conferme anche se per alcune testate non sono mancati ad agosto segnali positivi di ripresa. Nel complesso, dai dati forniti oggi da ADS-Accertamenti Diffusione Stampa è dunque difficile delineare una tendenza ben definita, su cui ha certamente influito la stagionalità del mese estivo.
Ne hanno pagato le conseguenze i due giornali economici di punta: Il Sole 24 Ore ha visto arretrare le vendite di 1.400 copie da 32.460 dello scorso luglio a 31.022, allargando il gap con gennaio (34.547 copie). Mille copie in meno anche per Italia Oggi che si è fermato a quota 6.991 (7.783 a gennaio).
Chi non ha sofferto sono gli sportivi che hanno segnato un’ulteriore crescita dopo il boom del mese precedente. Le vendite in edicola de La Gazzetta dello Sport sono balzate a quota 112.724, dalle 103.096 di luglio, un valore ben superiore rispetto alle 65.093 di gennaio. Idem per Il Corriere dello Sport , le cui vendite sono salite a 52.230 copie da 46.497 di luglio e contro le 37.245 di gennaio. Anche Tuttosportha assistito ad un aumento delle vendite, che hanno sfiorato le 31.000 copie, ancora sotto però ai valori di gennaio (35.356).
In crescita anche i due principali quotidiani italiani. Il Corriere della Sera ha visto ad agosto un aumento delle vendite a 168.398 copie da 165.891 di luglio e ha scavalcato addirittura le vendite di gennaio (165.990). Anche la Repubblica con 112.519 copie vendute ad agosto ha messo a segno un incremento rispetto a luglio (111.868) rimanendo però ancora sotto i valori di inizio anno (114.333 a gennaio).
Restando nel gruppo Gedi, lieve incremento di vendite per La Stampa a 74.051 copie, in avvicinamento alle 75.628 copie di gennaio, mentre arretra Il Secolo XIX che ad agosto è ritornato sotto le 25.000 copie dalle 27.392 di gennaio.
Quando al gruppo QN; vendite in aumento di oltre 1200 copie per La Nazione rispetto a luglio, che si è riportata così in prossimità dei valori di gennaio. Ad agosto perdono invece copie in edicola Il Giorno e Il Resto del Carlino . Va forte in edicola Il Messaggero con 57.808 copie vendute dalle 53.742 di luglio e dalle 52.340 di gennaio. Una manciata di copie in più anche per L’Avvenire .
Tra i quotidiani politicamente più schierati, registrano un aumento delle vendite rispetto al mese precedente La Verità con 25.586 copie vendute (sopra i valori di gennaio di 25.475).Lieve cedimento per Il Giornale che si riporta poco sotto le 36.000 copie, in deciso calo rispetto alle 44.429 che aveva venduto a gennaio, e per Il Fatto Quotidiano , che è rimasto poco sopra le 27.000 copie ma sotto le 29.626 di inizio anno.
Oggi è un giorno di protesta per chi si occupa di fornire ogni giorno informazione agli italiani. Il Consiglio nazionale della Fnsi si riunisce dalle 10,00 in una seduta straordinaria in piazza Montecitorio. L’obiettivo della mobilitazione è quello di sensibilizzare il Governo sull’urgenza di interventi concreti per sostenere l’Editoria, possibilmente da inserire già nella prossima legge di Bilancio.
Il settore dell’informazione è in profonda sofferenza e il disinteresse del governo rischia di dargli il colpo di grazia, afferma la Federazione della stampa.
Aggressioni ai giornalisti e attacchi al diritto di cronaca, il precariato e i prepensionamenti nelle redazioni, il rischio commissariamento dell’Inpgi, giornali che da un giorno all’altro cessano le pubblicazioni: sono segnali evidenti di una crisi dell'Editoria che si sta protraendo più del dovuto a fronte di un esecutivo che sembra non raccogliere la gravità della situazione.
"È necessario tornare in piazza perché il governo deve prendere atto della situazione di estrema difficoltà che il mondo dell'informazione sta affrontando. Servono interventi strutturali a sostegno di un settore vitale per la democrazia”, ha dichiarato il Segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, presentando ieri in una conferenza stampa la manifestazione odierna.
"La professione è sotto attacco. Un intero settore industriale – ha dichiarato Lorusso – sta attraversando una crisi senza precedenti, ma per l'informazione non vengono pensate misure di sostegno che vengono messe in campo per altri settori. È in corso un'escalation preoccupante di atti volti a colpire i colleghi e l'esercizio stesso del diritto di cronaca: tutti sintomi che non c'è oggi in Italia un clima favorevole a chi fa informazione, ma politica e istituzioni non vanno oltre una generica solidarietà".
E il Segretario generale della Fnsi avverte: "il commissariamento dell'Inpgi sarebbe il primo passo verso il commissariamento dell'articolo 21 della Costituzione, della professione giornalistica e del diritto dei cittadini ad essere informati. Non possiamo permetterlo. Domani porteremo in piazza le nostre proposte e richieste e la nostra voglia di dire no a questo disegno il cui obiettivo è solo quello di rendere il giornalismo in questo Paese sempre più debole".
Il governo, ha concluso Lorusso; "prenda atto che le criticità dell'editoria italiana vanno affrontate ad un tavolo con le parti sociali. È necessaria una nuova legge di sistema, se non ci saranno risposte la mobilitazione continuerà e il clima diventerà più aspro".
di DARIO DE VITOFRANCESCHI -- Intervenuto al convegno promosso dall’USPI in materia di formazione Editoria 4.0, il Sottosegretario per l’Editoria Giuseppe Moles ha dedicato un’ampia parte del suo intervento alle edicole. Già questa è una (buona) notizia che merita considerazione perché conferma l’attenzione che sempre più spesso le Istituzioni dedicano all’ultimo, ma non meno importante, anello della filiera.
EDICOLE COME PRESIDIO DI LEGALITA’
Moles ha rivendicato con orgoglio la scelta del Governo di aver portato il bonus edicola a 1.000 euro, definendo questo bonus quale “una forma di ringraziamento per la funzione che le edicole hanno avuto durante il lockdown”. Il Sottosegretario ha definito le edicole un “presidio di legalità” e importante “punto di aggregazione” nonché “un bene immateriale” sottolineando che le edicole nell’emergenza COVID “hanno assicurato la distribuzione democratica dell’informazione su base universale” e “svolgono una funzione di interesse pubblico che merita di essere riconosciuto”.
Queste due ultime affermazioni Moles le ha rimarcate, testualmente riprendendole dal suo discorso (per il resto è andato a braccio), come a voler sottolineare la valenza politica ma anche tecnica di tali passaggi. Affermazioni peraltro perfettamente coerenti con quanto già affermato dalla Commissione Europea alcuni anni fa, per la quale le edicole “servono” un motivo imperativo di interesse generale connesso alla tutela del pluralismo informativo.
VERSO UN NUOVO MODELLO DI EDICOLA
Il dato acquisito che le edicole svolgano una funzione di interesse pubblico definisce un ruolo e una funzione che non è e non può essere fine a se stessa, ma deve avere dei risvolti concreti (come ad esempio in tema di concessioni su demanio marittimo) e deve essere il punto di partenza per delineare un nuovo modello di edicola che, attraverso adeguate forme di sostegno e di incentivi, coniughi l’interesse pubblico alla diffusione universale della stampa con l’incremento delle fonti di ricavi integrativi in edicola (attraverso l’ampliamento dei beni e dei servizi), indispensabile per mantenere queste micro imprese in equilibrio sotto il profilo economico finanziario.
Le edicole – secondo il Sottosegretario – non solo devono ricevere il giusto sostegno “ma debbono anche essere messe in grado di svolgere la loro funzione di presidio”. “È giunto il momento – secondo il Sottosegretario – che vi siano interventi per favorire l’informatizzazione, forme nuove di commercializzazione di prodotti editoriali, per riavvicinare i cittadini alle edicole con un’offerta nuova e diversificata”. Obiettivi tanto ambiziosi quanto concreti che prevedono un sostanziale rilancio delle edicole in una direzione che è assolutamente condivisa dallo SNAG.
L’EDICOLA DEL FUTURO PRENDE FORMA
È evidente che il Sottosegretario è andato oltre le affermazioni di puro principio in merito al ruolo e alla funzione delle edicole (affermazioni sacrosante che andrebbero consacrate una volta per tutte in una norma di legge) e ha evidenziato una visione di quella che potrebbe essere l’edicola del futuro.
Tutto ciò non può che essere giudicato positivamente e sembra declinare, con riferimento al mondo delle edicole, quella volontà del Governo “di fare in modo che il gusto del futuro continui a restare nelle scelte imprenditoriali”, concetto recentemente evocato dal Premier Mario Draghi all’Assemblea di Confindustria.
L’impressione che se ne trae è che le edicole siano sotto attenta osservazione del Dipartimento. Il tempo che il Sottosegretario ha dedicato loro (peraltro in un convegno dedicato all’Editoria) ne è indice evidente. E poi, per una volta ed in controtendenza rispetto al passato, non ci è stato narrato il solito de profundis delle edicole o prospettata una decrescita felice o un accompagnamento alla riconversione in una sorta di eutanasia della rete di vendita, ma è stata abbozzata una prospettiva concreta di rilancio.
DAL PNRR UNA SPINTA AL RILANCIO DELLE EDICOLE
Nella realizzazione di questi obiettivi – secondo il Sottosegretario – il PNRR ci può dare una mano. Attraverso semplificazione e digitalizzazione le edicole possono diventare delle strutture in grado di offrire servizi al cittadino.
Anche questo passaggio merita considerazione se è vero come è vero che tutta la filiera ha chiesto interventi economici per sostenere la digitalizzazione delle edicole e il completamento dell’informatizzazione della filiera e se è vero come è vero che sono in atto delle interlocuzioni informali per inserire questi progetti nel PNRR.
BISOGNA SFRUTTARE LE OPPORTUNITA’ DEL TAX CREDIT EDICOLE
Quanto al Tax credit il Sottosegretario ne ha ribadito l’importanza precisando però che “non può divenire solo questo strutturale” e lo ha definito “un valore aggiunto che noi abbiamo e va sfruttato al meglio”.
Tutti noi sappiamo quanto sia stato importante il Tax credit per il nostro settore. Questa misura ha consentito di arginare effettivamente il trend di chiusure delle edicole. È quindi essenziale rendere strutturale questa misura per sostenere gli investimenti e lo sviluppo tecnologico.
Benissimo l’inclusione di POS e Registratori elettronici, ma la finestra temporale attualmente coperta dall’agevolazione introdotta questa estate è troppo breve per sostenere gli investimenti: infatti gli edicolanti hanno tempo fino al 31 dicembre 2021 per utilizzare il credito d’imposta 2022.
Rafforzare il Tax credit, estenderlo ad ulteriori voci e innalzarlo per giovani, imprese femminili e edicole professionali sarebbero sviluppi importanti per sfruttare al meglio questa importante misura.
ALLE EDICOLE SERVE UN PACCHETTO DI NORME AD HOC
Ricapitolando: riconoscimento della funzione servizio di interesse pubblico, tax credit strutturale e sfruttato al meglio, informatizzazione, digitalizzazione delle edicole e servizi e offerte di prodotti nuovi e diversificati, sono passaggi fondamentali (e assolutamente condivisi e condivisibili) dell’intervento del Sottosegretario Moles. Obiettivi attraverso cui passa la chance di un futuro sostenibile per le edicole.
Se questi obiettivi dovessero essere “centrati” con un pacchetto di norme dedicate in tempi brevi (a dicembre si dovrà approvare la Legge di Bilancio) si inizierebbe a delineare una “edicola del futuro”, una edicola sostenibile, capace di rimanere sul mercato nonostante la cronica e sistematica riduzione dei volumi di vendita di quotidiani e periodici.