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Rincari energia e materie prime. Pro-Gest ferma 6 cartiere. Allarme di Assocarta

08 Marzo 2022

È arrivato il momento più temuto, quello in cui l’aumentato costo dell’energia e delle materie prime costringe le imprese a interrompere la produzione a fronte di ricavi che non riescono più a coprire le spese. È il momento in cui salta ogni equilibrio finanziario e all’azienda conviene fermare gli impianti piuttosto che produrre in perdita.

Purtroppo è quello che è stato costretto a fare il gruppo Pro-Gest, controllato dalla famiglia Zago, una delle imprese cartarie più importanti d’Italia con un fatturato che nel 2021 ha superato i 700 milioni di euro ( 60% rispetto al 2020), frutto anche di investimenti per oltre 500 milioni di euro negli ultimi cinque anni che hanno portato alla realizzazione di un parco macchine all’avanguardia.

Aumento incontrollato dei costi, serve l'aiuto delle istituzioni

A causa dell'aumento dei prezzi del metano, che hanno raggiunto il picco storico, il gruppo ha deciso di interrompere temporaneamente la produzione di tutte le macchine continue di carte per ondulatore e tissue, mettendo in pausa forzata le cartiere degli stabilimenti di Camposampiero, Villa Lagarina (Trento), Mesola (Ferrara), Tolentino (Macerata), Mantova e Capannari (Lucca). Per il momento nessuna sospensione riguarderà invece gli impianti del Gruppo destinati alla produzione degli imballaggi.

«È un momento di straordinaria e drammatica criticità che vogliamo superare quanto prima. Stiamo monitorando da vicino - ha dichiarato in una nota Francesco Zago, Amministratore Delegato del Gruppo Pro-Gest - la situazione della guerra e siamo profondamente addolorati per il popolo ucraino, auspicando una soluzione immediata del conflitto armato. Anche a causa di queste gravi tensioni, il prezzo del gas naturale oggi è di oltre dieci volte superiore rispetto a dodici mesi fa ed è triplicato in poco più di una settimana. Ci auguriamo sinceramente di poter riprendere la produzione non appena le condizioni lo consentiranno e chiediamo alle istituzioni di intervenire per salvaguardare interi comparti produttivi, messi oggi fuori mercato da un aumento incontrollato dei costi».

Allarme di Assocarta: costi energia insostenibili

A lanciare l’allarme per tutto il settore è Assocarta. “Le cartiere italiane si stanno misurando con un peso della solo bolletta del gas sul fatturato aumentato del 400% solo nel 2021/2020, ma dall’inizio del 2022 il dato è molto peggiorato”, afferma il Presidente di Assocarta, Lorenzo Poli, che già a fine ottobre aveva pronosticato l'eventualità di una fermata della produzione di fronte a costi sempre più alti.

“Abbiamo resistito, anche producendo in perdita, ma in questi giorni sempre più stabilimenti cartari si stanno fermando e stanno riducendo l’attività. Non ci ha fermato la pandemia, ci sta riuscendo uno shock energetico, a seguito dell’attuale situazione di crisi tra Ucraina e Russia”, aggiunge Poli.

Per questo Assocarta chiede che vengano "immediatamente prese delle misure compensative per i rialzi dei costi energetici a favore delle imprese energivore, pure previste dal Joint European Action. Ad esempio - precisa il Presidente dell'Associazione - misure immediate in grado di “anticipare” i benefici degli stoccaggi in comune e della diversificazione degli approvvigionamenti alle imprese, oltre alla sospensione del mercato della Co2".

Il problema della fermata della produzione non riguarda solo il settore cartario - al 3° posto in Europa per produzione, alle spalle di Germania e Svezia, grazie a 150 stabilimenti che hanno prodotto nel 2021 oltre 9,6 milioni di tonnellate ( 12,5% sul 2020) generando un fatturato di 8,18 miliardi di euro ( 28,6% sul 2020) - ma tutte le differenti filiere in cui è coinvolto e in particolare la produzione di imballaggi, di carte igieniche sanitarie, di carte medicali, di carte grafiche per l’editoria e l’informazione, oltre all’economia circolare e al riciclo della carta.

A rischio la tenuta della filiera editoriale

Esattamente un mese fa, l’8 febbraio, la Federazione Carta e Grafica, insieme all’Associazione Italiana Editori (AIE), dall’Associazione Nazionale Editoria di Settore (ANES), avevano lanciato l’allarme sulla tenuta della filiera editoriale dovuto alla forte impennata dei costi delle materie prime e dell’energia. Minore offerta di libri e riviste, ritardi nelle consegne, possibili aumenti dei prezzi per il pubblico dei lettori, gravi problemi per l’editoria scolastica erano indicate come le principali conseguenze negative.

Confindustria prevede ulteriori squilibri nell'attività industriale

Ma non è certo solo il comparto cartario a soffrire. Secondo l'indagine rapida del Centro Studi Confindustria, la produzione industriale italiana dovrebbe essere calata anche a febbraio (-0,3%) dopo il tonfo di gennaio (-0,8%), anche se la stima è prudente e tiene in considerazione “solo in minima parte gli effetti dello scontro tra Russia e Ucraina, che sta accrescendo le difficoltà di approvvigionamento delle imprese e spingendo ancora più in alto i prezzi di materie prime ed energia”.

In attesa di capire l’evoluzione della guerra in Ucraina, lo scenario per i prossimi mesi resta pessimista. Secondo Confindustria, gli effetti della crisi “contribuiranno a generare ulteriori squilibri nell’attività industriale dei prossimi mesi peggiorando la scarsità di alcune commodity, rendendo più duraturi gli aumenti dei loro prezzi, oltre ad accrescere l’incertezza rischiando di compromettere così l’evoluzione del Pil nel 2022”.

GEDI dice addio a L'Espresso. Giornalisti in sciopero.

08 Marzo 2022

La vendita del settimanale L’Espresso scuote il mondo dell’informazione. Eppure non si tratta di una cessione inattesa. Le voci di un possibile trasferimento di proprietà si rincorrevano da mesi. Le difficoltà che hanno investito la stampa cartacea non hanno risparmiato il noto settimanale, che aveva smesso di vivere di vita propria e già da qualche tempo usciva in edicola alla domenica in abbinamento a La Repubblica.

E non è nemmeno la prima volta che un'importante testata di attualità cambia proprietà: era già successo a Panorama, il settimanale che nel novembre 2018 Mondadori ha ceduto al gruppo fondato e guidato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità.

La cessione de L’Espresso, però, fa rumore. Fondato da Arrigo Benedetti e Eugenio Scalfari nel 1955, L’Espresso è stata la pietra angolare su cui è nato l’omonimo gruppo editoriale che ha tenuto a battesimo la nascita de La Repubblica (diventato il secondo maggiore quotidiano degli italiani, incalzando il primato del Corriere della Sera), negli anni si è distinto per impegno politico e battaglie culturali oltre che per i diritti civili, ed è stato l’artefice di tante inchieste che hanno fatto clamore.

Ecco perché oggi la vendita de L’Espresso appare come un doloroso strappo con il passato e pone interrogativi sul futuro dell’editoria, in particolare di quella periodica. Non è un caso che sia Mondadori che GEDI, i due dei maggiori gruppi editoriali italiani, abbiano deciso di uscire dal comparto dei periodidi per focalizzarsi sui libri la prima, su quotidiani multimediali e radio la seconda.

Si impoverisce l'informazione italiana

“L'ipotesi di cessione del settimanale L'Espresso non è un affare che riguarda un gruppo editoriale e i giornalisti che vi lavorano” ma, sottolinea Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), “esiste una questione molto più delicata che ha a che fare con il futuro dell'informazione e della democrazia nel nostro Paese” e che chiama in causa anche l’indifferenza “delle istituzioni, Governo in primis, e degli stessi editori”.

“Purtroppo - osserva ancora Lorusso - continua a prevalere un'impostazione che tende a evitare qualsiasi tavolo di confronto e a concentrare gli sforzi e le risorse quasi unicamente sulla riduzione del costo del lavoro e dell'occupazione. Una visione, sostenuta dai Governi che si sono succeduti, che ha soltanto impoverito l'informazione italiana, come dimostrano gli stati di crisi che si sono susseguiti dal 2008 ad oggi”.

Sciopero ad oltranza

Durissima, come era immaginabile, la reazione dei giornalisti de L’Espresso, che hanno proclamato uno sciopero ad oltranza delle firme, sia sul settimanale cartaceo che online, e l’astensione dal lavoro per impedire l’uscita del prossimo numero mentre il direttore Marco Damilano si è dimesso "per una questione di coscienza e di dignità", in dissenso con il modo con cui è stata condotta la vendita.

La redazione esprime in questo modo “la ferma protesta per i modi in cui la trattativa sulla cessione della testata è stata condotta, e per il risultato finale di un negoziato che per mesi metterà L’Espresso in una situazione che non ha precedenti nella storia dell’editoria italiana, di fatto una co-gestione sospesa tra due proprietà”.

Cambia la proprietà, ma L'Espresso resta abbinato a La Repubblica

Il Gruppo GEDI ha comunicato infatti di “aver ricevuto e accettato una proposta dalla società L’Espresso Media srl per l’acquisto da parte di quest’ultima dei rami d’azienda relativi al settimanale L’Espresso e alle Guide de L’Espresso. Sotto la nuova proprietà, che fa capo a Bfc Media, un gruppo editoriale solido, che ha valorizzato economicamente la testata e che sta puntando sullo sviluppo di riviste periodiche, il settimanale L’Espresso potrà trovare maggiore allineamento nella strategia aziendale, rispetto alla direzione evolutiva che il Gruppo GEDI ha intrapreso e sta perseguendo da anni, centrata sull’informazione in real time per il grande pubblico e sullo sviluppo di contenuti digitali e multimediali per i quotidiani e le radio. Per accompagnare la fase di transizione, in base alle intese raggiunte, il settimanale resterà abbinato all’edizione domenicale del quotidiano La Repubblica”.

Sciopera anche La Repubblica

Solidarietà è arrivata anche dai colleghi de La Repubblica, che lunedì 7 marzo hanno incrociato le braccia, uno sciopero votato a larghissima maggioranza (235 sì, 9 no e 6 astenuti) affidando al Cdr un pacchetto di altri tre giorni di sciopero e il compito di chiedere all’azienda impegni vincolanti su investimenti e perimetro aziendale.

"Martedì 8 marzo Repubblica non sarà in edicola e il sito non verrà aggiornato per 24 ore, fino alle 19 di martedì. La redazione compatta - si legge nel comunicato pubblicato sul sito - è stata costretta a proclamare lo sciopero dopo la decisione del Gruppo Gedi di vendere lo storico settimanale L’Espresso. Decisione che il gruppo non ha esitato a formalizzare proprio mentre l’Europa è sconvolta per la guerra in Ucraina e mentre i nostri inviati sono incessantemente impegnati a raccontare quanto avviene su quei fronti".

Nessuno sciopero, invece, per La Stampa, il cui Cdr si è però impegnato a chiedere un incontro chiarificatore a GEDI.

I progetti del nuovo proprietario Danilo Iervolino

Ufficialmente GEDI ha sottoscritto una lettera d'intenti con la neocostituita società L’Espresso Media srl, partecipata al 51% da BFC Media, società quotata al mercato Euronext Growth Milan, e al 49% da IDI Srl a socio unico Danilo Iervolino, riguardante la cessione dei rami d’azienda relativi al periodico L'Espresso e a Le Guide de L'Espresso. Nessuna indiscrezione sulla cifra pagata, ma l’accordo prevede una serie di collaborazioni inerenti la promozione congiunta di iniziative editoriali, i servizi di distribuzione nelle edicole e la gestione degli abbonamenti.

Tenuto conto che Danilo Iervolino a fine 2021 ha perfezionato un accordo per l’acquisto del 51% di BFC Media, sarà lui il proprietario di riferimento per L’Espresso. Fondatore e Presidente dell’Università Telematica Pegaso e, dalla fine dello scorso anno, anche presidente della squadra di calcio della Salernitana, Iervolino ha lasciato trapelare alcuni dei progetti per L’Espresso in un’intervista al Fatto Quotidiano.

Il nuovo direttore? “ci stiamo lavorando”, risponde Iervolino, onorato di essere considerato “il nuovo Caracciolo”. Licenziare? “Nessuno, ma proprio nessuno”. L’Espresso diventerà un quotidiano? “Resterà settimanale". Si apprende inoltre l'intenzione del nuovo editore di trasferire la redazione a Milano e di creare attorno al brand L'Espresso una piattaforma articolata che comprende, oltra alla rivista cartacea, una radio, podcast e eventi.

BFC Media, un gruppo editoriale in crescita

Quotata al mercato Euronext Growth Milan dal 2015, BFC Media è un gruppo editoriale in crescita. L’anno scorso i ricavi hanno superato i 16 milioni di euro con una crescita del 46% rispetto al 2020 a fronte di una redditività in aumento: l’Ebitda è aumentato del 75% da 1,2 a 2,1 milioni di euro. Il gruppo, inoltre, gode di una buona solidità finanziaria grazie a una liquidità, a fine 2021, di oltre 1,6 milioni di euro.

Tali risultati – spiega la società presieduta da Denis Masetti – “sono il frutto dello sviluppo delle iniziative multimediali avviate negli anni e che abbracciano varie aree con brand sempre più affermati e leader nelle diverse aree, come Forbes per il mondo delle imprese; Bluerating per il mondo della finanza; Bike per il ciclismo e la smart mobility; Cosmo per la space economy; Equos per il mondo ippico e il betting; e Robb Report per il settore del lusso”.

Più risorse per l’Editoria. Ma il sostegno deve essere mirato

01 Marzo 2022

Anche l’Ordine dei Giornalisti si unisce agli Editori nel chiedere al Governo maggiori risorse da destinare al sostegno dell’Editoria, risorse che “devono essere destinate alle imprese che innovano e che assumono e non essere finalizzate solo a sostenere strategie basate esclusivamente sulla riduzione dei posti di lavoro”, come ha precisato il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli.

Si tratta di un’importante precisazione tanto più che, come aggiunge Bartoli, “le risorse che l’Italia destina al settore sono sì insufficienti e inferiori a quelle messe in campo dagli altri Paesi europei”, come emerso da un recente studio di raffronto commissionato e presentato nei mesi scorsi dal Dipartimento per l’Editoria.

“Il futuro dell’Editoria – sostiene Bartoli – può essere assicurato solo con una radicale inversione delle politiche pubbliche di sostegno. L’esperienza di questi anni dimostra che il declino del settore non può essere contrastato solo con strategie di riduzione dei costi e con il conseguente impoverimento del prodotto. L’intervento pubblico cresca d’intensità e premi l’innovazione e il coraggio di chi rischia scommettendo sul futuro”.

La vera sfida degli Editori: dare valore economico alla centralità dell'informazione

Per gli editori sono tempi sempre più difficili, aggravati dal recente rialzo del prezzo della carta e dell’energia, in un contesto macroeconomico e geopolitico che si sta velocemente deteriorando sotto il peso di un’impensabile guerra che si combatte in Europa tra Russia e Ucraina. E, come sappiamo bene, quando l’economia rallenta, gli investimenti pubblicitari sono una delle prime voci di spesa a cui si rinuncia.

Risollevare le sorti dell’Editoria si preannuncia come una sfida di grande complessità. Illuminante, a tal riguardo, è un recente editoriale di Walter Veltroni su Prima Comunicazione, che sintetizza con acutezza la situazione di impasse che sta vivendo l'Editoria: “Un’industria che vede crescere il suo peso specifico nelle vite di ciascuno può percepire la sua influenza nella costruzione del linguaggio comune, eppure rimane testimone della costante regressione della sua capacità di abbinare a questa centralità di consumo la capacità di monetizzare, di dare un valore economico alla sua rilevanza sociale e politica”.

Non esiste una ricetta universale

Insomma, l’Editoria sta assumendo un’importanza sempre più strategica come fonte di informazione attendibile, contrasto alle fake news, baluardo di democrazia e di pluralità di voci. Allo stesso tempo, però, non è riuscita a trovare un modello di business che le consenta di crescere e di affermarsi.
“Bisogna produrre contenuti e contenitori capaci di rinnovare continuamente il rapporto con il lettore in un’arena iper affollata, dove le relazioni di fedeltà non sono mai garantite”, osserva Veltroni. Ma, soprattutto, aggiunge, “non esiste una formula universale per costruire un modello di business sostenibile per le notizie o per l’intrattenimento. Ciò che funziona per una comunità di lettori potrebbe non funzionare per un’altra, ciò che funziona ora potrebbe non funzionare in futuro, il miglior contenuto potrebbe essere reso vano da un pessimo involucro digitale”.

Nuovo modello di business cercasi anche per le edicole

Una sfida complessa, quella della rinascita dell’Editoria, a cui la rete delle rivendite di giornali guarda con attenzione e disincanto. La carta stampata resta il core business delle edicole, ma è chiaro che questo non può più ritenersi sufficiente per la loro sopravvivenza. Anche le edicole, dunque, sono alla ricerca di un nuovo modello di business che passa obbligatoriamente da un ampliamento della gamma di servizi e prodotti disponibili. Con un’accortezza: come per l’Editoria, non esiste una ricetta universale. E quello che potrebbe funzionare in una zona o in una piazza potrebbe non essere adeguato in altro quartiere o in un’altra località.

Si aggrava crisi Editoria. FIEG chiede ulteriori interventi di sostegno

24 Febbraio 2022

La FIEG esprime preoccupazione “per il permanere della crisi” del settore editoriale, “ulteriormente aggravata dall’incremento del prezzo della carta e dell’energia, per alcune voci più che raddoppiate, e da un andamento del mercato pubblicitario che stenta a recuperare il crollo registrato a seguito della crisi pandemica”.

Al termine del Consiglio Generale che si è riunito il 23 febbraio, in una nota gli editori chiedono un rafforzamento degli interventi di sostegno al settore e di accelerarne l’attuazione. In particolare, “sottolineano la necessità di ulteriori risorse, considerato che quelle stanziate saranno erose dai costi crescenti di carta ed energia”.

Gli editori prendono “atto con soddisfazione degli interventi già previsti per il settore dal Governo e dal Parlamento, nel confermare il loro impegno a garantire ai cittadini una informazione responsabile e corretta, svolgendo così un importante servizio di interesse pubblico”, ma allo stesso tempo “auspicano il rafforzamento delle misure di sostegno pubblico e la loro rapida attuazione”.

Il motivo è evidente: “in questa situazione di grave aumento dei costi di produzione, gli editori rilevano la difficoltà di mantenere i programmati investimenti per la transizione e lo sviluppo digitale e per la produzione d’informazione di qualità con le professionalità adatte”.

Pertanto “sottolineano la necessità di ulteriori risorse, considerato che quelle stanziate saranno erose dai costi crescenti di carta ed energia”.

Verità e Affari, a marzo debutta il nuovo quotidiano economico di Belpietro

17 Febbraio 2022

In un mercato della carta stampata dominato da una costante contrazione delle copie vendute, spicca il balzo in avanti de La Verità, forse l’unico quotidiano che nel 2021 è riuscito a muoversi in controtendenza, guadagnando mese dopo mese nuovi lettori in edicola anziché perderli.

Un vantaggio che il fondatore e direttore, Maurizio Belpietro (foto in alto), intende giustamente cavalcare lanciando un nuovo quotidiano economico-finanziario. Le voci circolavano da un po’ e ora è arrivata la conferma. A marzo debutterà in edicola Verità e Affari.

A dirigere il nuovo quotidiano sarà Franco Bechis (già direttore di Milano Finanza e Italia Oggi), che lascia la direzione de Il Tempo per passare al nuovo incarico. La raccolta pubblicitaria, invece, dovrebbe rimanere “in casa” ed essere affidata alla concessionaria guidata da Stefano Fraschetti, Opq, che già si occupa della raccolta per le altre testate che fanno capo a Belpietro.

Con questa nuova iniziativa Belpietro consolida la galassia editoriale che fa capo alla SEI, la holding di cui il giornalista controlla oltre il 70% dopo che lo scorso anno ha rilevato la partecipazione dell’ex amministratore delegato Enrico Scio. Grazie al successo de La Verità - che in poco tempo è riuscita a erodere quote a Libero e a Il Giornale - SEI ha chiuso il 2021 con ricavi pari a 25 milioni di euro e una raccolta pubblicitaria di 5 milioni. E il 2022 promette ancora meglio considerando la recente acquisizione di Donna Moderna e CasaFacile e il lancio del nuovo quotidiano economico-finanziario.

Approfittando della fase di debolezza della carta stampata, nell'arco di pochi anni Belpietro ha saputo dare vita a un nuovo gruppo editoriale diversificato e in espansione che ruota attorno a La Verità. Il primo passo è stata l’acquisizione, nel 2018, del settimanale Panorama dalla Mondadori. L’anno successivo ha rivelato, sempre dal gruppo di Segrate, Sale e Pepe, Cucina Moderna, Confidenze, TuStyle e Starbene. L’anno scorso, infine, è stata la volta di Donna Moderna e CasaFacile, rilevate sempre dal gruppo Mondadori che ha deciso di uscire dal settore magazine per orientare sui libri il proprio core business.

Nel frattempo La Verità si è fatta largo tra i lettori di centro-destra, riuscendo a surclassare Libero e ad insidiare la supremazia de Il Giornale. Secondo gli ultimi dati ADS, a dicembre La Verità ha venduto in edicola 27.500 copie, molte di più rispetto alle 19.190 copie di Liberoavvicinandosi sempre più alle 31.547 copie de Il Giornale. 

Da lunedì anche La Stampa aumenta il prezzo a 1,70 euro

11 Febbraio 2022

Come era facile immaginare, il 2022 è iniziato con prezzi dei giornali in aumento. Il gruppo Gedi è stato tra i primi a muoversi ed è assai probabile che non sarà né l’unico né l’ultimo.

I rincari del costo della carta e dell’energia, uniti alle difficoltà di approvvigionamento della cellulosa, stanno mettendo in ginocchio l’intera industria editoriale. In settimana si sono mosse la Federazione Carta Grafica, l'Associazione Italiana Editori (Aie) e l'Associazione Nazionale Editoria di Settore (Anes). Insieme hanno lanciato un allarme sulla tenuta della filiera editoriale annunciando possibili ripercussioni sui tempi di consegna e sui prezzi al pubblico delle pubblicazioni, chiedendo al Governo un intervento urgente attraverso un credito d'imposta sull'acquisto della carta.

D'altronde, di fronte a costi di produzione sempre più alti che comprimono i già esigui margini, a volte non resta altro che scaricare in avanti la maggiorazione sul consumatore finale. Ed è quello che hanno iniziato a fare gli editori di giornali.

Tra i grandi quotidiani, si diceva, il primo a muoversi è stata La Repubblica, che già dallo scorso 1° gennaio 2022 ha deciso di innalzare da 2,50 a 3,00 euro il prezzo del quotidiano nel fine settimana, quando esce in abbinamento obbligatorio con D e Robinson il sabato e con L’Espresso la domenica.

Una decisione presa senza alcun preavviso e alcuna spiegazione ai lettori: una modalità su cui anche il direttore Maurizio Molinari ha fatto autocritica. Per questo, l’errore non è stato più commesso quando il gruppo Gedi ha deciso di aumentare il prezzo del quotidiano delle edizioni durante la settimana. Da lunedì 7 febbraio, infatti, acquistare La Repubblica in edicola costa 1,70 euro, 20 centesimi in più rispetto agli 1,50 euro pagati in precedenza. Il venerdì, invece, quando il quotidiano esce con il supplemento obbligatorio il Venerdì, il costo è di 2,50 euro.

“È una decisione – ha spiegato il gruppo anticipando la notizia - su cui abbiamo riflettuto a lungo, che arriva a distanza di 6 anni dall'ultimo aumento del prezzo di Repubblica, e che è figlia del macroscopico aumento dei costi dell'energia e della carta, entrambi fattori essenziali della produzione e distribuzione di un quotidiano. Un giornale con i conti in equilibrio è un giornale libero e in grado di garantire un'informazione di qualità. Chiedervi dunque questo piccolo sforzo quotidiano aggiuntivo significa per noi rinnovare con voi quel patto di fiducia e lealtà che ci lega dal 1976 e che ogni giorno ci impegniamo ad onorare”.

Esattamente una settimana dopo La Repubblica, tocca all’altro quotidiano targato Gedi: La Stampa ha annunciato che da lunedì 14 febbraio aumenterà il prezzo del giornale da 1,50 a 1,70 euro. Il sabato e la domenica, quando il quotidiano esce rispettivamente con Tuttolibri e con Specchio, il prezzo sarà invece di 2,00 euro.

Per ora i rincari riguardano solo le testate nazionali del gruppo Gedi. Per il Secolo XIX e gli altri quotidiani locali non sono state al momento annunciate variazioni di prezzo, che non sono comunque da escludere. Come non è da escludere che altri editori decidano di adeguare il prezzo di copertina, come ha ad esempio già fatto il gruppo Panini.

Vale la pena ricordare che l'aumento del prezzo di copertina si traduce automaticamente in un aumento della quota che l'editore riconosce alle rivendite. Bisognerà però quantificare l’impatto che l'aumento del prezzo di copertina avrà sulla domanda finale. Chi vuole un’informazione di qualità sarà disposto a pagare 20 centesimi in più al giorno per il quotidiano? Forse sì, considerando il particolare periodo storico in cui stiamo vivendo e il proliferare di fake news a cui stiamo assistendo. Questo è quello che ci auguriamo, ben consapevoli di un pericolo: quello che l'aumento del prezzo del quotidiano cartaceo possa avvicinare un numero crescente di lettori verso le edizioni digitali.

Allarme rincari carta e energia. A rischio la tenuta del settore editoriale

10 Febbraio 2022

La Federazione Carta e Grafica, insieme a AIE (Associazione Italiana Editori) e ANES (Associazione Nazionale Editoria di Settore) esprimono in un comunicato stampa congiunto (di seguito il testo integrale) preoccupazione per la tenuta del settore editoriale, fortemente minacciato dal rincaro della carta e dell'energia che dura ormai da diversi mesi. Per questo motivo, le tre associazioni chiedono al Governo la possibilità di poter usufruire di un credito d'imposta per l'acquisto della carta.

La forte impennata dei costi delle materie prime e dell’energia mette a dura prova la tenuta della filiera editoriale: si rischiano una minore offerta di libri e riviste, ritardi nelle consegne, possibili aumenti dei prezzi per il pubblico dei lettori, gravi problemi per l’editoria scolastica.

Appello al Governo per un credito d’imposta per acquisto carta

L’allarme è lanciato congiuntamente dall’Associazione Italiana Editori (AIE), dall’Associazione Nazionale Editoria di Settore (ANES) e dalla Federazione Carta e Grafica che, di fronte alla grave emergenza, chiedono al Governo un credito di imposta sull’acquisto di carta grafica per fini editoriali. Una misura urgente a favore della sostenibilità dell’industria editoriale e necessaria per contribuire alla resilienza della filiera, di primaria importanza per il Paese e già faticosamente impegnata a gestire le delicate sfide del mercato.

Oltre al caro prezzi peesano le difficoltà a reperire la carta

“I rincari energetici stanno già mettendo a rischio di stop alcuni segmenti produttivi come quello delle riviste stampate in rotocalco. Ma per tutti i settori della stampa editoriale e commerciale l’incremento del costo della carta ha assunto dimensioni tali da erodere ogni marginalità, date le ovvie difficoltà a trasferire a valle tali rincari. A questo scenario si aggiungono le problematiche legate a una scarsa reperibilità della materia prima, anche a causa del processo in atto di riconversione della produzione verso le carte per imballaggi”, afferma Emanuele Bona, Presidente di Federazione Carta Grafica.

Soffre l'industria del libro. Editoria scolastica la più colpita

“Dopo due anni molto positivi, l’emergenza carta pesa come una grave minaccia sul mondo del libro – afferma Ricardo Franco Levi, Presidente di AIE –. Gli insopportabili aumenti del prezzo schiacciano i margini di tutti gli editori traducendosi per quelli di varia (saggi e romanzi) nel rischio di aumenti di prezzo di copertina, una strada che non è nemmeno percorribile per gli editori scolastici soggetti a tetti di spesa imposti per legge. Agli aumenti del prezzo si aggiungono le difficoltà di approvvigionamento che rendono ancora più difficile programmare la produzione e assicurare una puntuale distribuzione. Di nuovo, con una particolare attenzione per l’editoria scolastica impegnata a garantire alla scuola e alle famiglie la disponibilità dei libri di testo nelle scadenze legate al calendario dell’anno scolastico”.

In difficoltà anche il comparto della comunicazione tecnica e scientifica

“L’energia e le materie prime rappresentano il cuore della produttività - afferma Ivo Alfonso Nardella, Presidente di ANES - L’aumento di energia e carta mette in seria difficoltà anche il comparto della comunicazione tecnica scientifica e più in generale di settore. Diminuire o peggio interrompere il flusso di informazioni e aggiornamento professionale nuoce gravemente al tessuto industriale e professionale italiano che sta iniziando a riprendersi. Tagliare la cultura significa creare un danno alla produzione interna che ha sempre più bisogno di aggiornamento per affrontare le sfide che questa epoca di transizioni ci impone”.

Quotidiani in edicola: vendite giù anche a dicembre

09 Febbraio 2022

Il 2021 termina con un’ulteriore contrazione delle vendite di quotidiani in edicola. Si aggrava, dunque, la persistente crisi della carta stampata. E, di conseguenza, continuano ad assottigliarsi gli incassi delle edicole derivanti dal loro core business.

I dati ADS sulla diffusione dei quotidiani a dicembre confermano lo scenario di un calo generalizzato per le vendite in edicola di quotidiani rispetto a inizio anno, ossia gennaio 2021, con ben poche eccezioni. Se la sono cavata un po’ meglio i quotidiani locali, che sono riusciti a contenere le perdite, che comunque ci sono state e hanno riguardato la totalità delle testate territoriali prese in esame.

Nello specifico, a dicembre Il Corriere della Sera ha venduto in edicola poco più di 151.000 copie, contro le quasi 166.000 vendute a gennaio 2021, mantenendo saldamente il ruolo di quotidiano più letto dagli italiani. Anzi, ormai naviga in solitaria nel panorama editoriale con un distacco di oltre 50.000 copie rispetto al diretto concorrente di un tempo, La Repubblica .

Il secondo maggiore quotidiano generalista deve infatti fare i conti con una netta contrazione degli acquisti in edicola che hanno portato le copie vendute sotto quota 100.000: per l’esattezza a dicembre sono state 98.697, contro le 114.333 di gennaio 2021. Deciso ribasso anche per La Stampa , l’altra testata ammiraglia del gruppo GEDI, che a dicembre vende 67.224 copie contro le 75.628 con cui aveva inaugurato il primo mese del 2021. In calo anche Il Secolo XIX: 22.916 contro le 27.392 copie di gennaio.

Perde quota, ma meno rispetto ai tre big generalisti, Il Messaggero  che scede a 50.091 copie a dicembre dalle 52.340 di gennaio 2021. Calo limitato anche per Avvenire che a dicembre vende 5.055 copie da 5.575 di gennaio 2021. In flessione le tre testate di QN. Vendite in edicola di 63.694 copie per QN-Il Resto del Carlino,  42.985 per QN-La Nazione e 19.869 per QN-Il Giorno rispettivamente contro 72.112, 49.053 e 21.956 di gennaio.

Tra i quotidiani politicamente schierati, continua la flessione per Il Fatto Quotidiano che archivia il mese di dicembre con 22.793 copie, circa 7.000 in meno rispetto alle 29.626 di gennaio. Peggio ancora per Il Giornale con 31.547 copie a dicembre, 13.000 in meno rispetto alle 44.429 di inizio anno. Perdite più limitate per Libero:  19.190 a dicembre contro le 22.748 di inizio dello scorso anno, mentre continua la corsa per il quotidiano di Maurizio Belpietro, La Verità , le cui vendite salgono a dicembre a 27.502 copie, contro le 25.475 di gennaio 2021.

Male anche i due principali quotidiani economici. Il Sole 24 Ore archivia dicembre con 29.152 copie vendute in edicola, a fronte delle 34.547 di gennaio 2021. Una manciata di copie in meno anche per Italia Oggi : 6.936 a dicembre dalle 7.783 vendute a inizio dello scorso anno.

Situazione controcorrente, infine, per i quotidiani sportivi. La Gazzetta dello Sport vende a dicembre ben 81.079 copie contro le 65.000 di gennaio 2021. Vende più copie in edicola a dicembre anche il Corriere dello Sport : 38.309 dalle 37.245 di gennaio 2021, mentre Tuttosport fa un balzo all’indietro con 21.823 copie vendute a dicembre, ben al di sotto delle 35.356 copie di gennaio 2021.
 

Pubblicità sulla carta stampata: in risalita nel 2021

04 Febbraio 2022

Il 2021 si è chiuso con un bilancio positivo per gli investimenti pubblicitari sulla carta stampata, che nel complesso sono ammontati a 613,2 milioni evidenziando un tasso di crescita del 4% rispetto all’anno precedente.

Secondo quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Stampa Fcp (Federazione Concessionarie Pubblicità), l’anno scorso la raccolta sui quotidiani ha registrato un aumento del fatturato del 4,2%. Bene anche la raccolta sui periodici, che ha realizzato un incremento del 3,4%. In quest’ultima categoria da segnalare che l’andamento positivo è stato generalizzato: gli investimenti sui settimanali sono aumentati del 4,8%, quelli sui mensili dell’1,4% e quelli sulle altre periodicità sono saliti del 9,0%.

Entrando nello specifico delle singole tipologie, per quanto riguarda la stampa quotidiana, si evidenzia il buon rendimento di quella Commerciale nazionale che cresce dell'8,8%, quella Commerciale locale che registra un progresso del 3,9% e quella Legale che segna un aumento dell'8,5%. Calano invece gli investimenti della pubblicità Finanziaria (-13,8%) e quella Classified (-11,7%).

Gli editori della carta stampata possono tirare un sospiro di sollievo. Non dimentichiamo che il 2021 si era aperto con una contrazione, nel mese di gennaio, del 18,8% per gli investimenti pubblicitari sulla carta stampata (-14,9% quella sui soli quotidiani). Nei mesi successivi si è poi assistito ad un progressivo recupero. Merito senza dubbio della forte ripresa dell'economia, culminata nel 2021 con un avanzamento del Pil del 6,5%, il tasso di crescita più elevato dal 1995. E merito anche del bonus pubblicità, che consente sgravi fiscali alle aziende che investono nella comunicazione.

Tuttavia, la crescita complessiva del 4% degli investimenti pubblicitari sulla carta stampata compensa solo in minima parte il tonfo del 2020. L’anno segnato dall’inizio della diffusione della pandemia si era infatti concluso con una contrazione del 22,9% del fatturato pubblicitario sulla carta stampata, frutto di una caduta del 15,9% degli investimenti sui quotidiani e del 36,8% sui periodici. Il ritorno a livelli pre-covid appare dunque ancora lungo mentre continua a crescere la pubblicità su internet: 17,6% nel 2021 a 524 milioni.

2021 eccezionale per i libri. Boom per i fumetti. ebook in ritirata

03 Febbraio 2022

Il 2021 è stato un anno di forte crescita per il mercato del libro. I dati dell'Associazione Italiana Editori (AIE) indicano che le vendite hanno raggiunto un valore di 1,7 miliardi di euro, il 16% in più rispetto a un anno fa e il 14% in più rispetto al 2019, anno pre-pandemia. Il settore ha quindi interamente recuperato il calo del 2020.

Nel 2021 sono inoltre salite a 115,6 milioni le copie di libri a stampa di narrativa e saggistica venduti nelle librerie fisiche, online e nella grande distribuzione organizzata: ben 18 milioni in più rispetto al 2020.

I fumetti trascinano le vendite

La pandemia ha dunque avuto un effetto booster sulla lettura di libri e gli italiani hanno riscoperto il piacere di immergersi tra le pagine di un romanzo o di un saggio. E, soprattutto, di un fumetto. Secondo i dati comunicati dall’AIE, infatti, i fumetti sono stati il genere più venduto con ben 11 milioni di copie, più del doppio rispetto ai 4,7 milioni venduti nel 2020 ( 134%), grazie soprattutto al boom dei manga, i fumetti originari del Giappone. Ma le performance, come emerge dai dati AIE (vedi tabella in alto), sono state ampiamente positive per tutti i generi.

L’industria italiana del libro è quarta in Europa e sesta nel mondo

A fronte di questi dati, il mercato italiano del libro si conferma il quarto per fatturato in Europa e il sesto nel mondo, alle spalle di Usa, Cina, Germania, UK e Francia.
Con una crescita del 22,9%, l’anno scorso sono aumentate le novità a stampa pubblicate, che sono state 85.551, a conferma di un mercato vivace, che non si è lasciato frenare dai rincari del prezzo della carta, che potrebbero però avere un impatto negativo nel corso del 2022 anche perchè il governo ha previsto incentivi per gli editori di quotidiani e riviste, ma non per i libri.

In calo gli e-book mentre corrono gli audiolibri

Quello che emerge chiaramente dai dati del 2021 è anche la netta preferenza degli italiani per i libri in formato cartaceo. Gli e-book non riescono a decollare e scendono a quota 49.313, in calo del 5,6% rispetto all’anno precedente, mostrando tuttavia una piccola variazione positiva dell’1,1% rispetto al 2019. Continua invece la corsa degli audiolibri che mettono a segno un aumento del 37%.

Il canale digitale resta sempre molto apprezzato per gli acquisti di libri. Le librerie online sono cresciute anche nel 2021, sebbene quelle fisiche abbiano recuperato parte del terreno perso. In particolare, le librerie online hanno realizzato un valore del venduto di 739,9 milioni che si avvicina sempre più a quello delle librerie fisiche, pari l’anno scorso a 876 milioni.

Sul 2022 pesano le preoccupazioni per il rincaro della carta

“L’editoria italiana ha saputo reagire alla pandemia e, anche grazie alle politiche di sostegno pubblico messe in atto da governo e parlamento, chiude il 2021 in forte crescita, dopo un 2020 già soddisfacente”, ha commentato il presidente dell'Aie Ricardo Franco Levi.

Che ha però ricordato come “Il 2022 sarà ancora un anno cruciale” per il settore che resta “in attesa di una legge di sistema e già oggi può contare sulla stabilizzazione delle misure di sostegno avviate nel 2020”.

Naturalmente la principale preoccupazione va ai rincari del prezzo della carta e alla difficoltà di reperimento di tale materia prima. Ciò, ha detto Franco Levi, “rappresenta una vera e propria emergenza” insieme alla “diffusione della pirateria, le incertezze legate alla ripresa economica e alla capacità di resistenza della catena logistica, le incognite sulla praticabilità di fiere e festival letterari, la crisi perdurante dell’editoria di arte e turismo”.


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