RASSEGNA STAMPA - Si riporta l'intervista apparsa sul numero di aprile 2024 della rivista 50&Più, a firma di Francesca Cutolo, al Presidente SNAG Andrea Innocenti.
LA CRISI DELLE EDICOLE- REINVENTARSI NON BASTA SERVONO INTERVENTI DI SOSTEGNO
Crollo del 26% negli ultimi cinque anni. Oltre 2.000 Comuni sono senza una rivendita di giornali e altrettanto a rischio desertificazione. Le storie di chi ce l'ha fatta e di chi ha abbassato la serranda per l'ultima volta.
Tra tutte le serrande che si abbassano, forse quelle delle edicole lasciano più di altre una sensazione di desolazione. Un’edicola che chiude raramente risorge, il più delle volte è per sempre.
Dal 2018 ad oggi si registra una riduzione del 26% dei punti vendita esclusivi: nel corso degli ultimi cinque anni hanno chiuso 4.005 edicole. Oggi sono poco più di 11.000 e, di queste, quasi la metà svolge ulteriori attività rispetto alla vendita di quotidiani e periodici che resta comunque prevalente. Tra il 2021 e il 2022 le edicole hanno registrato una contrazione del 3,5%, ma nel 2023 si è arrivati ad un saldo negativo su base annua del 5,6%.
Il trend negativo si è comunque fortemente attenuato rispetto agli ultimi anni, anche grazie alle misure di sostegno al settore, come spiega Andrea Innocenti, presidente degli edicolanti Snag Confcommercio - Sindacato Autonomo Nazionale Giornalai: «Gli interventi degli ultimi anni in termini di bonus e crediti d’imposta hanno avuto un impatto estremamente positivo sulla rete di vendita delle edicole e hanno quasi arrestato il processo di desertificazione, aiutando la rete a mantenere la propria capillarità. Il problema più grande è che per il 2024 siamo al momento privi di qualsivoglia stanziamento pubblico di sostegno. Rischiamo di tornare ai tassi di chiusura ante Covid e di perdere altre 2.000 edicole. Il che vuol dire che tanti comuni, tanti quartieri e tante zone del territorio rimarranno senza stampa. Già oggi i comuni senza edicole sono oltre 2.000 e altrettanti sono a rischio desertificazione perché hanno un solo punto vendita attivo».
Consapevoli del loro ruolo culturale e sociale, le edicole stanno resistendo cercando di rimanere sul mercato «ma servono - continua Innocenti - forme di sostegno per rilanciare la rete distributiva. Bisogna poi tutelare i punti vendita contro gli abusi dei distributori locali e rivedere le condizioni economiche di vendita. Ma non basta. Va incentivata la lettura dei giornali cartacei tra i più giovani e va agevolata la trasformazione delle edicole in centri di servizi, creando le condizioni per nuove collaborazioni, sia con le amministrazioni locali che con i privati. Anche gli editori devono fare la loro parte nel dare sostegno alla rete di vendita, che continua a garantire l’80% dei loro fatturati».
È ormai risaputo che il problema di questo settore è soprattutto il riflesso della crisi delle vendite della stampa quotidiana e periodica, che a sua volta nasce da una rivoluzione in atto nell’accesso all’informazione: «I lettori - spiega ancora Innocenti - si sono progressivamente allontanati dalla carta stampata privilegiando le notizie reperite in modo gratuito e in grande quantità in rete e sui social. Si è così passati dal picco di 6 milioni di quotidiani venduti mediamente al giorno nel 2000 ai circa 1,3 milioni di quotidiani venduti nel 2023». Qual è la ricetta allora, sempre che ce ne sia una, per salvare il settore? «L’unico modo è cambiare. Chi vuole cercare di farcela - spiega il presidente dello Snag - deve trasformarsi, aprendosi ad altre attività, commercializzando più prodotti e servizi e diventando di fatto uno sportello di quartiere al servizio del cittadino. Quest’evoluzione è già in atto e moltissimi colleghi stanno rinnovando il loro modello di business.
Oggi si entra in edicola per ritirare certificati anagrafici o i pacchi di Amazon, per pagare le bollette o fare lo Spid, per consegnare un libro della biblioteca o noleggiare una bici elettrica, per chiedere informazioni turistiche».
Un esempio virtuoso di chi è riuscito a cambiare pelle, lo incontriamo nellaperiferia di Torino dove, da oltre 30 anni, Piero Aiello resiste con il suo chiosco di giornali: «Sono rimasto un amante del mio mestiere, anche se adesso non facciamo più i numeri da capogiro degli inizi. Pensi che 30 anni fa vendevo ogni giorno 250 copie de La Stampa, oggi sì e no riesco a venderne la metà. Per sopravvivere ho dovuto aprire ad altri servizi: inizialmente informatizzando l’edicola per offrire servizi di copisteria. Ora ci siamo organizzati per la consegna e ritiro pacchi e a servizi postali. Ma non ci siamo fermati qui. Grazie ad accordi con il comune di Torino possiamo distribuire i certificati elettorali ai neomaggiorenni e anche le certificazioni anagrafiche. Tutto questo è molto apprezzato dalla clientela e ha un buon ritorno. Ma l’anima che ci tiene viva la passione per questo lavoro è l’editoria».
Non sempre però il reinventarsi si rivela la strada verso la salvezza. «Nonostante la forte passione per il mio lavoro, dopo sette anni ho dovuto chiudere la mia attività», sono le parole di Marinella Portolani, con alle spalle un passato di 32 anni da edicolante con un’ottima edicola di quartiere per 26 anni e poi, per 6 anni, in centro a Forlì. «Il mio ultimo chiosco di giornali e souvenir non ce l’ha fatta. Negli ultimi 6 anni di edicola, nonostante mi fossi convertita alla vendita anche di souvenir, ceramica, prodotti locali e mi impegnassi come infopoint e altri progetti e servizi in collaborazione con l’amministrazione, non riuscivo a pagare neppure i bollettini per i contributi che ho saldato grazie al credito di imposta. Non mi ha aiutato nemmeno la location che, pur centrale, ha pagato la vicinanza di altre attività concorrenziali riguardo all’offerta di servizi, tipo tabaccherie. Ho chiuso appena ho potuto perché l’attività, penalizzata anche dal periodo Covid, non era assolutamente più redditizia. Così come nella mia città Forlì, solo all’interno delle mura, hanno chiuso nove edicole».